
Carcere a vita per Claudio Campiti, l'uomo autore della strage di Fidene, avvenuta nel dicembre del 2022 a Roma, quando quattro donne furono uccise nel bel mezzo di una riunione di condominio. Lo hanno deciso i giudici della Corte d'Assise della capitale al termine di una camera di consiglio durata oltre 7 ore. Condannato a tre mesi (pena sospesa) per omessa custodia anche Bruno Ardovini, ex presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma dove il killer prese l'arma utilizzata poi per compiere gli omicidi. Assolto, invece, Giovanni Maturo, dipendente addetto al locale dell'armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto.
Un processo con quaranta parti civili, quello appena concluso, durante il quale è stato mostrato in aula il video della strage, ripresa dalle telecamere di sorveglianza, in cui si vede l'imputato aprire il fuoco durante la riunione del consorzio Valleverde che si stava tenendo in un gazebo di via Monte Gilberto, a Roma. I colpi uccisero raggiunsero e uccisero quattro donne: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. Altri partecipanti si salvarono per miracolo. Fino a quando un condomino gli si avventò addosso, riuscendo a bloccarlo. Campiti era accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, di tentato omicidio di altre cinque persone sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti.
Prima della sentenza l'imputato ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee, come aveva già fatto altre volte, sempre senza mostrare alcun segno di pentimento, sostenendo di «non aver ucciso per futili motivi»: «Non sono contento di aver vissuto per anni in una casa senz'acqua. Chiedo l'assoluzione, che questo processo abbia un valore sociale».
Senza parole i presenti, mentre i familiari delle vittime sono usciti dall'aula per non sentire le sue farneticazioni. Silvio Paganini, il superstite della strage che disarmò il killer, si è detto «tradito dalle istituzioni» perché il ministero dell'Interno e della Difesa non sono stati riconosciuti come responsabili civili.
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