Dalle pieghe dei giornali, nei giorni scorsi sono balzate fuori tre notizie apparentemente diverse, in realtà legate da un comune denominatore. La prima. In un'intervista a Repubblica, il ministro dell'ambiente Costa ha lamentato che solo una minima parte degli oltre 11 miliardi per contenere il dissesto idrogeologico è stata effettivamente spesa. La seconda: in un'intervista al Foglio, il presidente di una delle più grandi aziende italiane di arredi scolastici, Emidio Salvatorelli, ha accusato la coppia Arcuri-Azzolina di aver indetto una gara pubblica per l'acquisto di tre milioni di banchi (soldi buttati, ma questo lo sostitiene chi scrive) talmente fuori dalla realtà che nessun produttore nazionale riuscirà a partecipare. La terza: il Servizio Bilancio del Senato ha scritto che le misure previste dal decreto Semplificazioni per ridurre gli oneri regolatori a carico delle aziende consistono in «norme manifesto non immediatamente operative». Tre notizie che evidenziano lo stesso, duplice, problema: i limiti della pubblica amministrazione italiana e quelli del governo in carica.
Il tema della burocrazia che frena le riforme è antico. Leggete qui: «Esigo ed è necessario che tutti i burocrati, dal primo all'ultimo, non facciano del sabotaggio ai ruotismi della burocrazia, perché in tre anni di governo ho constatato che parecchie volte provvedimenti che erano urgenti, che erano attesi, morivano e stagnavano sui tavoli dei burocrati, che perpetravano questa specie di sabotaggio ai danni della nazione». A parlare, alla Camera dei deputati, è Benito Mussolini. Anno 1925. È evidente che lo strapotere dei burocrati e le inefficienze del sistema possono essere contenute solo da una classe politica di governo esperta, competente e determinata. Vediamo, invece, in carica leader politici, ministri e premier improvvisati, oggettivamente superficiali, evidentemente incapaci di decidere e di guidare.
Quanto al rapporto con la burocrazia, la domanda è: dove ha faticato il cavalier Benito Mussolini è realistico aspettarsi che riesca l'avvocato Giuseppe Conte? Domanda retorica, ma ineludibile in vista del varo del piano di riforme con cui l'Italia dovrà spendere la valanga di miliardi che arriveranno dall'Ue. Quei soldi potrebbero essere la nostra fortuna, nelle mani di Conte, M5s e di un Pd che assomiglia sempre più al Prc è altamente probabile che si rivelino la nostra rovina.
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