La strategia contro Roma e l'errore dei miliziani

Per gli Houthi l'opinione pubblica italiana tentenna sulle crisi militari. Ma si sbagliano: il Mar Rosso non è l'Ucraina

La strategia contro Roma e l'errore dei miliziani
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E tre. Ieri il Caio Duilio, il cacciatorpediniere italiano su cui è insediato il comando tattico della missione europea Aspides, ha raddoppiato abbattendo altri due droni partiti dalle coste yemenite controllate dai ribelli Houti. Il messaggio dei militanti filo iraniani è fin troppo chiaro. «L'abbattimento di nostri droni da parte della marina militare italiana costituisce una nuova conferma. L'Italia si è voluta schierare a fianco dei nostri nemici e a difesa di Israele», dichiara Abdel Naser Mahamed, funzionario della presidenza Houthi a Sanaa. Ma precisa che «l'Italia per il momento non è un nostro obiettivo diretto». Il sofismo dialettico va interpretato con un occhio alla strategia di quel padrino iraniano che sovrintende quanto avviene sull'asse di Gaza, Libano e Mar Rosso.

Per Teheran ed alleati il nemico principale resta Israele. Subito dietro arrivano gli Stati Uniti e il Regno Unito protagonisti di un'operazione «Prosperity Guardian» che prevede raid aerei sugli stessi territori Houthi. Ma l'Italia, dipendente da Suez per il 40 per cento dai commerci marittimi e costretta a misurarsi con una sinistra sempre tiepida di fronte ad operazioni armate, acquista una doppia valenza strategica in quanto viene identificata come il ventre molle dell'Europa. Si tratta, di una convinzione errata basata sull'idea che i nostri governi e le nostre opinioni pubbliche non sappiano affrontare crisi militarmente delicate. Una visione smentita nell'ultimo trentennio dalla determinazione con cui l'Italia, ha continuato a far fronte ai propri impegni in teatri come la Somalia, l'Iraq e l'Afghanistan. La convinzione - per quanto errata - rischia però di trasformarci in un bersaglio abituale. Viste la capacità reattive del Caio Duilio l'ipotesi non è militarmente preoccupante. Lo è però politicamente in quanto rischia di trasformarci in un bersaglio con poche capacità di reazione. Anche perchè la natura «eminentemente difensiva» di Aspides consente soltanto di rispondere ad eventuali attacchi. Nel lungo periodo un atteggiamento militarmente non risolutivo riproduce, però, una situazione in stile «afghano» in cui il logoramento temporale diventa più efficace della potenza di fuoco. Anche per questo ieri la reazione delle nostre autorità politiche è stata duplice.

«ItalianNavy garantisce la libera navigazione e protegge i nostri mercantili. Fieri dei nostri marinai!», ha scritto su «X» il ministro degli Esteri Antonio Tajani sottolineando la legittimità della risposta. Più complessa invece la risposta di Guido Crosetto che da responsabile della Difesa sottolinea come la soluzione non sia soltanto militare.

«Non basta - sostiene Crosetto - l'approccio militare, che serve per dare sicurezza.

Il tema è affiancare altri sistemi, altri interventi, altre trattative politiche e diplomatiche per far cessare questi attacchi che poi non incidono, come vorrebbero nelle dichiarazioni degli Houthi, sulla guerra a Gaza, ma soltanto sull'economia italiana o dell'Europa». Parole esplicite che fanno capire come l'unica arma per uscire dall'imbuto del Mar Rosso sia un negoziato capace di dare uno sbocco politico alla guerra combattuta nella Striscia.

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