La strategia dem: contare sull'astensionismo

Il leader dem Enrico Letta si è recato diligentemente, nel pomeriggio, al proprio seggio romano per votare - come aveva preannunciato - i suoi cinque no ai referendum sulla giustizia

La strategia dem: contare sull'astensionismo

Il leader dem Enrico Letta si è recato diligentemente, nel pomeriggio, al proprio seggio romano per votare - come aveva preannunciato - i suoi cinque no ai referendum sulla giustizia.

Tanto, già dall'ora di pranzo era apparso chiaro come il quorum fosse una chimera irraggiungibile: risultato che il Nazareno si augurava fin dall'inizio, per disinnescare un tema scomodo perché assai divisivo per il centrosinistra, che ha creato spesso scontri tra l'ala riformista del Pd (in cui molti dirigenti si erano espressi per il sì, in dissenso dalla linea ufficiale) e i poco amati alleati Cinque Stelle, manettari per dna. Senza contare un calcolo tutto politico: visto che i referendum erano targati (anche) Lega, la disfatta dell'affluenza è un colpo alla leadership dell'avversario che non può che far piacere a sinistra. Un risultato raggiunto dal Pd senza sporcarsi troppo le mani: il gruppo dirigente si è ben guardato dal fare campagna o dallo spiegare le ragioni del no, e tanto meno dall'affrontare apertamente il dissenso interno dei tanti - Stefano Ceccanti, Giorgio Gori, Enrico Morando - schierati per il sì su una linea garantista e di «coerenza con le riforme che stiamo votando in Parlamento», come ha ricordato Ceccanti. Ma anche quello dei sindaci dem (da Matteo Ricci a Antonio De Caro) che spingono per l'abolizione della Legge Severino. «Il nostro partito non è una caserma», si è limitato a dire Letta.

Ora il crollo del quorum crea però allarme: «Il mancato quorum non deve fermare le riforme in Parlamento. Al contrario, dobbiamo lavorare con ancora più determinazione per dare le giuste risposte», si preoccupa il parlamentare dem Andrea De Maria.

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