La Lega fa quadrato intorno a Luca Zaia. Per difendere il Veneto dalle mire di Fdi (che chiede di poter indicare un suo candidato alle regionali in programma in autunno), ma anche per evitare un cortocircuito tra i vertici del partito e il territorio, dove i big leghisti non vedono affatto di buon grado le «mire espansionistiche» degli alleati che rimbalzano da Roma. Non le gradiscono al punto che ieri il sindaco di Treviso Mario Conte - uomo vicinissimo al Doge - ha consegnato al Foglio una descrizione minuziosa degli esponenti di Fratelli d'Italia che mettono in discussione la golden share leghista sul Veneto: «Famelici, impreparati, perdenti». E chissà se si riferiva anche a Giorgia Meloni, visto che qualche giorno fa è stata proprio la premier a dire che «Fdi deve essere tenuto in considerazione» quando si deciderà il candidato alla successione di Zaia. A via della Scrofa, ovviamente, non l'hanno presa affatto bene. Ma la linea è quella di evitare di andare al muro contro muro e far decantare. D'altra parte, c'è tempo per trattare. Peraltro in una logica per così dire a pacchetto, visto che nel 2025 si voterà anche in Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d'Aosta (resta sul tavolo l'ipotesi di un election day nella primavera del 2026). Quel che è certo, però, è che Meloni è convinta sia arrivato il momento che Fdi esprima un candidato governatore in una grande regione del Nord. E quindi il cerchio si stringe, visto che l'alternativa sarebbe la Lombardia (che però va alle urne nel lontanissimo 2028).
La questione è stata affrontata ieri durante il Consiglio federale della Lega che si è tenuto alla Camera. Due ore di confronto nelle quali si è deciso di sostenere con forza le ragioni di Zaia, pur consapevoli che l'ipotesi che la Corte costituzionale possa davvero riaprire lo spiraglio del terzo mandato è quanto di più lontano ci sia dalla realtà. Il diktat di Matteo Salvini, però, è che - anche senza il Doge in campo in prima persona - il Veneto dovrà restare alla Lega. Non solo perché è la culla dell'autonomismo e il Carroccio non si può permettere di cederla, ma anche perché in caso contrario il segretario leghista sa bene che i malumori sul territorio sarebbero enormi. Di qui, la minaccia di correre da soli. Perché in Veneto la Lega vale il 15%, la lista Zaia un altro 15% e poi ci sarebbe da aggiungere tutta la galassia di liste autonomiste. Insomma, spiega intercettato in Transatlantico il leghista Igor Iezzi, «siamo assolutamente in condizione di vincere anche andando da soli». A tanto, aggiunge il vice-capogruppo del Carroccio alla Camera, «ovviamente non si vuole arrivare». Perché uno strappo sul Veneto sarebbe davvero troppo rischioso. Soprattutto a sentire gli esponenti di Fdi, convinti che una corsa in solitaria della Lega non sarebbe affatto in discesa. Circostanza che sarebbe confermata da un recente sondaggio di Antenna Tre, storica emittente del Nordest. «Lega e lista Zaia possono vincere da sole? Sì per il 43,3%, no per il 56,7», recita il grafico che da qualche giorno rimbalza via whatsapp tra alcuni parlamentari di via della Scrofa. Dove si è però deciso di mettere la sordina alla polemica, dopo che qualche giorno fa - d'intesa con Palazzo Chigi - il coordinatore regionale Luca De Carlo aveva risposto in maniera piuttosto ruvida a Zaia. «La compattezza dei nostri alleati - si è invece limitato a dire ieri il senatore di Fdi - è sempre garanzia di un confronto sereno che sono sicuro porterà alla scelta del miglior candidato per guidare la Regione per i prossimi 10 anni». Un confronto che andrà avanti a lungo, con Fdi che è intenzionata a spuntare la candidatura in Veneto.
E con la Lega che punterà i piedi. «Siamo assolutamente leali e la stabilità del governo è un patrimonio che l'Europa ci invidia. Ma - dice Salvini - mettere in discussione il buon governo di Zaia in Veneto per scelte romane non mi sembrerebbe utile».
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