Potrebbero essere molte di più di 800 mila le persone spiate a Milano, il Parlamento si interroga sui dossieraggi, Copasir e Antimafia vogliono vedere le carte, a Palazzo Chigi il premier Giorgia Meloni incontra il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Sul tavolo ci sono le misure per tentare di debellare un fenomeno ormai fuori controllo, con una road map sulla quantomai necessaria riforma della giustizia a fare da cornice, a partire dalla stretta sulle intercettazioni sul testo dell'azzurro Pierantonio Zanettin con il Guardasigilli Carlo Nordio e i suoi vice Francesco Paolo Sisto (Forza Italia), Andrea Delmastro (Fdi) e Andrea Ostellari (Lega) che si vedono oggi alle 11. Per Sisto «è allarmante che tutto sia troppo facilmente violabile. Dietro il mercato illecito c'è un poderoso attacco alle istituzioni».
Tra le ipotesi su cui lavora il sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano c'è la stretta sugli accessi, controlli su chi va a caccia di informazioni su persone sensibili, una serie di alert preventivi sia su bersagli precisi sia sugli accessi «massivi» con l'intelligenza artificiale, con un sistema di pene proporzionate alla gravità dei reati e misure repressive e capaci di fungere anche da deterrenti. «Per esempio bisogna aumentare la pena per il traffico di dati, l'effetto sanzionatorio senza l'associazione a delinquere è ridicolo», dice al Giornale l'azzurro Giorgio Mulè. Non c'è bisogno di un decreto legge ah hoc, c'è già una task force operativa al Viminale che lavora non tanto a stanare gli hacker quanto gli accessi di personale infedele che usano le loro credenziali in modo indebito e truffaldino. Si pensa anche a un software di riconoscimento facciale di chi si loga.
Ma la necessità di «blindare» i database complicherebbe soprattutto le indagini delle nostre forze dell'ordine, il lavoro di chi lavora sul need to know: «Bastano due persone infedeli, la password di gestione e manutenzione che è la back door del sistema, da remoto quindi da qualsiasi luogo, a qualsiasi sistema, e il gioco è fatto», ci dice uno sbirro off the record. Basta entrare nello Sdi del Viminale e si ha accesso a tutte le altre banche dati: Fisco, Serpico, banca dati camerali, delle targhe, Sos, Sister, Telemaco. «Quindi la prima stretta va fatta su chi ha costruito il software e gestito la manutenzione. Per esempio non si possono lasciare le password senza il Nos, Nulla osta di sicurezza». Il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega all'Innovazione tecnologica, Alessio Butti pensa a «una sorta di Agenzia del dato» mentre la sinistra con Giuseppe Conte e Angelo Bonelli sente puzza di faida dentro il centrodestra e si risveglia al grido «Meloni e Piantedosi riferiscano in aula». «Chi governa lasci stare i complottismi», dice l'ex premier ormai pure ex grillino. «Speravo nella solidarietà bipartisan e invece...», è la riflessione del ministro della Difesa Guido Crosetto, vittima eccellente dei dossieraggi finiti sui giornali. «Addossare responsabilità significa aprire fronti polemici, a sinistra i proclami vengono prima degli interessi della Nazione», insiste il capogruppo Fdi alla Camera Tommaso Foti.
«No al Grande Fratello che controlla la vita privata», ricorda il ministro degli Esteri Antonio Tajani. In quei server «ci sono anche i dati sensibili di persone archiviate o assolte», ricorda l'azzurro Enrico Costa. «Ma la privatizzazione del controllo dei dati è un tema che riguarda la democrazia», replica il renziano Enrico Borghi che chiede «una commissione d'inchiesta», il vicecapogruppo Fdi alla Camera Alfredo Antoniozzi suggerisce al Csm di «espellere i magistrati» che avrebbero sfruttato le indagini abusive mentre Matteo Renzi sarà parte civile in tutti i processi agli spioni: «L'Agenzia per la cybersicurezza nazionale che fa?».
E il ministro del Made in Italy Adolfo Urso rispolvera la denuncia per violazione della mail presentata nella scorsa legislatura quando era presidente del Copasir. Perché i dossieraggi sono iniziati molto prima che il centrodestra vincesse le elezioni.
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