Pietro Orlandi cinque ore in Vaticano. Il fratello di Emanuela, figlia di un commesso vaticano scomparsa nel nulla 40 anni fa, viene convocato come testimone dalla magistratura pontificia. «Abbiamo depositato una memoria, credo siano in una fase di approfondimento di questa e della documentazione rilasciata in precedenza» spiega l'avvocato Laura Sgrò.
Un incontro chiesto dalla famiglia Orlandi che non si è mai arresa alla presunta morte della ragazza di 15 anni. Rapita dai «lupi grigi» per ricattare la Santa Sede e liberare l'attentatore di Papa Giovanni Paolo II, Alì Agca, rapita e tenuta in ostaggio dalla Cia, sottratta dal Kgb e dalla Stasi con l'appoggio di terroristi bulgari. Prelevata in una piazza in Campo Marzio all'uscita del Conservatorio, vicino la basilica di Sant'Apollinare dove, otto anni più tardi, verrà sepolto Enrico Renatino de' Pedis, il boss della Magliana ammazzato nel 90. Lo stesso che l'avrebbe portata via il 22 giugno del 1983 su un Bmw intestato al faccendiere Flavio Carboni. Sequestrata, uccisa e fatta sparire dalla stessa banda della Magliana, dopo esser passata nelle mani di monsignor Marcinkus, presidente dello Ior, in una betoniera di Torvaianica assieme al figlio di un pentito di mafia. Viva e vegeta in una villa in Svizzera, dove vivrebbe sedata.
Sul caso Orlandi si è detto tutto e il contrario di tutto tanto da spingere lo stesso Papa Francesco a cercare la verità. È il 9 gennaio scorso quando la magistratura vaticana, incaricata direttamente dal Pontefice, apre ufficialmente le indagini. «Che si faccia chiarezza una volta per tutte - dice Pietro Orlandi - Per me Emanuela non è morta e non mi rassegnerò finché non saranno trovati i resti».
Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia della Città del Vaticano, sta valutando i documenti raccolti dal 2005, anno della riapertura delle indagini italiane, sul caso. Una sparizione legata a quella di Mirella Gregori? «Non possiamo fare indagini in Italia - spiega il pm vaticano -, dobbiamo interfacciarci con il Procuratore capo di Roma. Ma i rapporti fra i due Stati sono cordiali e se sarà il caso invieremo le rogatorie per compiere gli approfondimenti necessari. Il Pontefice e il cardinale Parolin vogliono che emerga la verità senza riserve». Migliaia di carte, interrogatori, piste fasulle e indizi interessanti: Diddi avrebbe riunito in un unico fascicolo le informazioni raccolte finora.
È il 1997 quando una cronista de il Messaggero pubblica lo scoop sull'inquietante sepoltura del boss della Magliana accanto a Papi e cardinali. Il nulla osta per la tumulazione lo firma l'allora curatore di Sant'Apollinare Pietro Vergari. In una telefonata a Chi l'ha visto? nel 2005 dicono di cercare Emanuela dentro la tomba di Renatino. Bisognerà aspettare il 2012, però, per aprire il sepolcro. All'interno solo i resti di de' Pedis, che verrà traslato e sepolto altrove.
Nel frattempo Sabrina Minardi, ex amante di de' Pedis, dopo un duplice incidente mortale in cui è coinvolta la figlia, decide di parlare. Le borse di Louis Vuitton piene di soldi scambiate con Marcinkus per finanziare Solidarnosc, il passaggio della ragazzina dall'auto del monsignore e la sua prigionia in uno scantinato di Monteverde. Fino alla morte a Torvaianica. La polizia trova dei riscontri, ma nulla di fatto e il proprietario della betoniera non viene nemmeno interrogato.
Nel 2018 alla Nunziatura
Apostolica di via Po vengono trovate ossa, ma risalgono all'epoca romana. Stessa storia nel 2019 quando viene indicato il cimitero teutonico in Vaticano come la tomba di Emanuela. I resti più recenti, però, sono di cent'anni fa.
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