Gli imputati «intendevano incrementare il margine d guadagno dell'attività imprenditoriale» ed erano «mossi da scopi di profitto e di massimizzazione dei guadagni» ma erano «tutti nella convinzione che non si sarebbe mai verificato alcun evento lesivo della pubblica incolumità». La strage del Mottarone per il giudice preliminare di Verbania fu la conseguenza di una drammatica sete di guadagno, che portò a diluire i controlli e a eliminare i dispositivi di frenata. Ma accusare gli imputati di avere volontariamente attentato alla sicurezza della funivia - da cui peraltro traevano guadagni - è illogico. E il giudice ordina alla procura di rifare il capo di imputazione.
Non è il primo inciampo, nella vicenda giudiziaria scaturita dalla tragedia del 23 maggio 2021: la funivia che parte da Stresa verso le montagne che precipita nel vuoto, dopo la rottura del cavo trainante, uccidendo quattordici passeggeri e ferendo gravemente il piccolo Eitan Cohen. Già nelle ore successive si erano scontrati la Procura e il giudice sulla richiesta di arresto dei manovratori. Ma la nuova puntata chiama in causa un atteggiamento frequente dei pm davanti a eventi simili: aggravare a dismisura i capi di imputazione, spesso su pressione dei familiari delle vittime. Con la conseguenza di scatenare la comprensibile indignazione dei familiari stessi quando, strada facendo, una parte delle accuse viene a cadere.
Non a caso, il provvedimento emesso ieri dal gip - chiamato a esaminare la richiesta di rinvio a giudizio di sette imputati - cita ripetutamente un precedente drammatico come il disastro ferroviario di Viareggio. Anche li la Procura contestò come aggravante la violazione delle leggi sulla sicurezza sul lavoro, e quando la sua tesi venne smentita buona parte delle accuse finirono prescritte: ma in quel caso la colpa fu di una inchiesta e di una perizia durate un tempo spropositato.
A Verbania invece indagine e consulenze sono state veloci, e non ci dovrebbero essere rischi di prescrizione. Ma la decisione di ieri viene comunque accolta con soddisfazione dai legali degli imputati, che vedono sparire non solo un reato punito con dieci anni di carcere ma anche l'accusa infamante di avere deliberatamente messo a rischio la sicurezza della funivia. «La decisione del giudice va al di là delle nostre aspettative», dice l'avvocato del direttore di esercizio della funivia, Enrico Perocchio. «Alcune accuse ormai sono rami secchi», dice il legale del presidente della società Funivie del Mottarone. E il difensore della Leitner, l'azienda costruttrice incaricata della manutenzione, «ora ci aspettiamo la assoluzione da alcune accuse».
Non è, si badi, un colpo di spugna destinato a lasciare senza colpevoli quelle quattordici morti. Sugli imputati continuano a gravare le accuse di disastro colposo e di omicidio colposo plurimo. Certo, non hanno deciso a a sangue freddo di fare schiantare la funivia. Ma resta a loro carico la colpa terribile di avere fatto tutto a fine di quattrini: compresa la scelta folle di inserire il tristemente noto «forchettone», l'attrezzo che disinseriva il freno di emergenza in caso di rottura del cavo trainante.
«L'apposizione dei forchettoni durante il servizio di trasporto dei passeggeri è assolutamente vietata», scrive il giudice. E devono risponderne non solo il manovratore e il suo capo, ma anche tutti coloro che sapevano e non lo impedivano.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.