«Non bisogna farsi distrarre dai piani irrealistici: non ci si può mettere d'accordo con la Federazione Russa. La guerra deve finire solo con la sua sconfitta». Quanto detto ieri da Mykhailo Podolyak, il braccio destro del presidente ucraino Zelensky, lascia pochissimo spazio alle speranze di un dialogo che possa portare alla pace. Del resto il conflitto in Ucraina va avanti tra bombe, missili, continui allarmi aerei e civili sempre nel mirino. Ma quello che succedendo dalle parti del Cremlino è ambiguo. Non che la chiarezza stia di casa a Mosca, ma questa volta non ci sono soltanto propaganda, proclami e minacce assortite.
Valdimir Putin sembra infatti, almeno in parte, aver cambiato il suo atteggiamento. Certo non è diventato un leader illuminato e pacifico. Lo Zar però nel vertice con i suoi responsabili della campagna in Ucraina, tra cui il ministro della Difesa Serghiei Shoigu, il capo di stato maggiore Valeri Gerassimov e i vari comandanti militari ha mostrato un altro aspetto. Durante i colloqui, Putin avrebbe detto: «Mi piacerebbe sentire le vostre proposte sulle azioni da compiere nel breve e medio termine». Un cambio di rotta non da poco per un leader abituato ad essere uomo solo al comando al punto da far tremare i suoi sottoposti, spesso usati come pedine sacrificabili alla bisogna ma soprattutto al suo volere. Come mai adesso il leader si abbassa a chiedere un parere e non si accontenta del solito coro di «sì»? Le ipotesi sono differenti. La prima, avvalorata dall'istituto americano per lo studio della guerra, è che la Russia voglia intensificare gli attacchi in Ucraina, in particolare sulla capitale Kiev, per alimentare il malcontento popolare a far crollare il consenso verso Zelensky e la resistenza, continuando a colpire le infrastrutture energetiche e lasciando allo stremo i civili. Il leader ucraino però non si fa intimidire, anzi, dice di essere «pronto ad un combattimento corpo a corpo con Putin, anche domani» E aggiunge provocatorio che «un vero uomo non manda intermediari...», facendo leva sull'altra ipotesi sul comportamento di Putin, e cioè che stia mostrando un'insolita debolezza, dovuta anche al continuo calo di consenso interno, per quanto schermato dalla repressione. In questo quadro, si inserirebbero le strane assenze del leader, che ha cancellato senza spiegazioni il consueto discorso di fine anno e anche l'intervento al parlamento russo, alimentando molti dubbi.
Debolezza presunta e timori reali, con l'intelligence britannica che evidenzia come i russi siano «preoccupati per la vulnerabilità della Crimea», zona chiave sia a livello territoriale che politico, senza dimenticare l'aspetto simbolico. Il timore di un attacco nucleare, continuamente minacciato dalla Russia, specie in caso di aumento degli aiuti (sotto forma di nuove e più potenti armi) a Kiev, secondo il direttore della Cia William Burns non è concreto. «Ha lo scopo di intimidire», ha detto, spiegando che gli Stati Uniti non hanno a riguardo alcuna prova di un possibile utilizzo di armi nucleari tattiche. I russi, comunque, continuano a minacciare e cercano di esorcizzare le nuove sanzioni decise dalla comunità europea. «L'attuale pacchetto avrà lo stesso esatto effetto di quelli precedenti, l'aggravarsi dei problemi socioeconomici nella stessa Ue», dice la sempre ineffabile portavoce Maria Zakharova, omettendo quanto le sanzioni stiano avendo un impatto devastante sull'economia di Mosca.
Intanto, continuano i raid russi in tutta l'Ucraina.
Ieri in un bombardamento a Kryvyi Rih, nella regione di Dnipro, sono stati uccisi un bambino di un anno e mezzo e i suoi genitori la cui casa, che nulla aveva a che fare con obiettivi militari, è stata distrutta. Nella regione di Kherson, a Stepanivka, colpito un centro che fornisce assistenza agli anziani che è rimasto danneggiato senza però che si registrino vittime. Atrocità senza fine.
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