La svolta crypto degli Stati Uniti. Bitcoin nella riserva strategica

Cinque le valute digitali coinvolte nel progetto. Donald insiste sul fronte dazi: nel mirino Cina, Canada e Messico. Dal 2 aprile imposte sull'import agricolo

La svolta crypto degli Stati Uniti. Bitcoin nella riserva strategica
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Inizia a prendere forma, con annessa scia di polemiche, il controverso progetto di Donald Trump di creare una riserva strategica per le criptovalute. Il tycoon ha ribadito l'intento di elevare gli Stati Uniti a capitale mondiale delle criptovalute e per farlo un passaggio chiave è la creazione di una riserva strategica. Inizialmente nel post su Truth Social il presidente statunitense ha citato solo Ripple (Xrp), Solana e Cardano, precisando successivamente che Bitcoin ed Ethereum, le due valute digitali più regine indiscusse, saranno «il cuore di questa riserva». L'annuncio della creazione di una riserva strategica di criptovalute ha innescato un rally prepotente dei token interessati, in particolare degli 'outsider' Ripple (+33%), Solana (+26%) e Cardano (+69%). Più pacata la reazione del Bitcoin che si è spinto inizialmente fino a 94mila dollari per poi ripiombare in negativo nel corso della giornata di ieri ben sotto area 90mila.

Trump intanto a inizio settimana è tornato a martellare sul fronte dazi. Dopo i prodotti forestali, l'acciaio e l'alluminio, questa volta a finire nel mirino sono i prodotti agricoli importati, sui quali scatteranno i dazi a partire dal 2 aprile.La scure dei dazi diTrump si abbatterà su Canada, Messico e Cina. Scattano infatti, a meno di ripensamenti dell'ultima ora, le tariffe che il presidente minaccia da settimane contro i tre Paesi. Colpevoli, a suo avviso, di non aver fermato il flusso di fentanyl e migranti verso gli Usa. Tariffe al 25% contro il Messico e il Canada, al 20% per la Cina. «Ai grandi agricoltori americani: preparatevi a produrre molti prodotti agricoli da vendere negli Stati Uniti», ha scritto su Truth il presidente Usa senza fornire ulteriori dettagli. L'assenza di dettagli è anche uno dei punti di debolezza dell'annuncio levato alla costruzione di una riserva strategica sotto forma di cripto. Inoltre, solleva più di una perplessità la platea allargata di token. Non sono in pochi quelli che si aspettavano che il Bitcoin, vista la sua scarsità, sarebbe stato l'unico idoneo a costituire questa riserva. Anche protagonisti del mondo cripto hanno storto il naso. «Solo Bitcoin sarebbe probabilmente l'opzione migliore: la storia più semplice e chiara come successore dell'oro», ha postato su X il ceo dell'exchange Coinbase, Brian Armstrong, che è anche il maggiore cripto miliardario statunitense con un patrimonio netto di 9,6 miliardi di dollari. «Molte criptovalute hanno dei meriti - si accoda Hunter Horsely, ceo di Bitwise - ma ciò di cui stiamo parlando qui non è un portafoglio di investimenti statunitense, bensì una riserva, e Bitcoin è l'indiscussa riserva di valore per l'era digitale». Ancora più dura la posizione di Joe Lonsdale, cofondatore di Palantir, che non reputa appropriato che Washington finanzi una riserva di criptovalute.

La modalità con cui è stata comunicata l'iniziativa, inizialmente dimenticando Bitcoin ed Ether, ha alimentato anche qualche dubbio sul rischio che l'amministrazione statunitense sia influenzata da una lobby industriale interessata a promuovere i suoi token. «Se questa sarà l'implementazione, si tratterà di una opportunità persa - spiega al Giornale Ferdinando Ametrano, ceo e co-founder di CheckSig - Bitcoin ha evidentemente una rilevanza straordinariamente superiore a tutto il resto, come testimonia la raccolta degli Etf, il mercato di futures e opzioni e i volumi spot scambiati ogni giorno». Le insinuazioni di conflitto d'interesse e favoritismi hanno subito fatto capolino su David Sacks, noto come il 'Crypto Zar' della Casa Bianca. Sacks si è subito affrettato a spiegare di aver venduto tutte le criptovalute detenute prima di assumere il suo incarico sotto l'amministrazione Trump; la sua società Craft Ventures ha però mantenuto partecipazioni in alcune startup del settore cripto.

Il primo Crypto Summit, in programma il prossimo 7 marzo alla Casa Bianca, dovrebbe fornire maggiori indicazioni sulla fattibilità e sui tempi di attuazione di questa proposta. Se la riserva venisse costruita con un acquisto massiccio iniziale, l'effetto sarebbe «potenzialmente esplosivo», indica Gabriel Debach, market analyst di eToro. «Se invece gli acquisti venissero distribuiti nel tempo, il sostegno ai prezzi sarebbe più graduale ma più duraturo, riducendo la volatilità e attirando investitori istituzionali».

Ultimo scenario è invece quello di un'operazione solo simbolica, senza acquisti reali (attualmente il governo detiene quasi 200mila Bitcoin provenienti da sequestri giudiziari), che lascerebbe spazio a una correzione dei prezzi dopo l'euforia iniziale. Non è da escludere che la mossa degli Stati Uniti di creare una riserva di criptovalute spinga altri Paesi a fare altrettanto.

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