La svolta dell'America che tratta con l'Iran

Finora Iran e Stati Uniti si erano seduti allo stesso tavolo soltanto per negoziare sullo storico e controverso accordo sul nucleare raggiunto a giugno. Ora, per la prima volta dal 1979, anno della Rivoluzione islamica a Teheran e della rottura delle relazioni diplomatiche tra i due governi, iraniani e americani si troveranno ancora a trattare, venerdì a Vienna, per tentare di trovare una soluzione alla crisi in Siria e in Irak.

Gli organi di stampa vicini al regime di Teheran hanno confermato ieri che il governo iraniano ha accettato, dopo l'apertura di martedì degli Stati Uniti, di unirsi a colloqui cui partecipano anche Russia, Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Qatar, Emirati arabi, Francia, Germania, Gran Bretagna e Turchia. In breve, si riuniranno in Austria tutte quelle potenze internazionali e regionali che si posizionano su fronti opposti nel conflitto in Medio Oriente. Se gli Stati Uniti, gli alleati europei, i Paesi del Golfo, Egitto, Giordania e Turchia chiedono ormai da anni l'uscita di scena di Bashar El Assad in Siria, dall'altra parte la Russia, da poco scesa in campo militarmente in sostegno dell'esercito di Damasco, e l'Iran sostengono il rais ormai in controllo soltanto del 20 per cento del territorio nazionale. In comune tra questi due fronti c'è la volontà di arginare l'ascesa e l'espansione dello Stato islamico in Siria e in Irak.

Negli ultimi giorni, ci sono state svolte diplomatiche significative: a sorpresa, il rais siriano Assad è volato alla corte dell'alleato russo, a Mosca. E proprio il giorno dopo l'incontro con Vladimir Putin, il presidente russo ha parlato di aperture da parte di Damasco a collaborare con alcuni gruppi armati d'opposizione, in funzione anti-Stato islamico. La Russia inoltre fa pressioni da tempo per includere nelle trattative e nei colloqui sulla situazione siriana anche l'Iran. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha chiamato martedì il suo omologo iraniano, Mohammad Javad Zarif, per parlare dell'incontro di venerdì, che potrebbe essere anticipato oggi da colloqui introduttivi. Benché Teheran abbia firmato in estate un accordo sul suo programma nucleare con gli Stati Uniti e altre nazioni occidentali, la relazione con un regime che sostiene Assad e appoggia e finanzia un gruppo sulla lista terroristica internazionale come Hezbollah resta per Washington e la comunità internazionale a dir poco problematica.

Il fatto quindi che il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri iraniano Zarif possano ancora una volta sedersi allo stesso tavolo ma su un dossier diverso da quello nucleare è una svolta che ha origini in un'intesa, quella siglata appunto a giugno, che sembra andare ben oltre il numero di centrifughe attive in Iran. La dimensione geopolitica di quella controversa firma potrebbe concretizzarsi in Siria.

Come ha ricordato ieri il quotidiano americano New York Times , da diverso tempo nei corridoi della politica americana si rafforza la posizione di chi pensa che, per risolvere il conflitto in Siria e Irak, sia necessario il coinvolgimento di Teheran, attore attivo sul campo politicamente, finanziariamente e militarmente. «È difficile pensare a una soluzione della crisi siriana senza l'Iran», ha detto il vice segretario di Stato americano, Antony J. Blinken, prima di recarsi a Vienna.

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