Un'intesa che accontenta i partiti, soprattutto di centrodestra, ma che incontra l'immediata ostilità delle parti sociali con Confindustria e sindacati che non celano il proprio malcontento. È la sintesi dell'intesa raggiunta ieri al tavolo tecnico del ministero dell'Economia tra il titolare di Via XX Settembre, Daniele Franco, e i rappresentati dei parti di maggioranza.
Nel dettaglio, la maggior parte degli 8 miliardi destinati dalla manovra alla riduzione della pressione fiscale andranno alla rimodulazione delle aliquote Irpef che passano da 5 a 4. La fascia di reddito fino a 15mila euro lordi annui resterà al 23%, l'aliquota del 27%, per lo scaglione da 15.001 a 28mila euro scenderà dal 27 al 25%, e spariranno quelle del 38 e del 41% che saranno unificate nel 35% per la fascia da 28.000 a 50.000. Oltre i 50.000 si passerà direttamente al 43% finora riservato ai redditi oltre i 75mila euro lordi annui. Questa risistemazione dovrebbe costare circa 7 miliardi (3 miliardi per passare dal 38 al 35% e 4 miliardi per scendere dal 27 al 25%).
Previsto il riordino del sistema delle detrazioni che dovrebbe assorbire anche il bonus Renzi da 100 euro erogato in busta paga. Il restante miliardo sarà impiegato per esonerare dall'Irap ditte individuali e lavoratori autonomi.
I tagli dell'Irpef e dell'Irap «partiranno dal 2022 e saranno strutturali: il primo passo della riforma fiscale», ha riferito il viceministro dello Sviluppo e rappresentante di Forza Italia, Gilberto Pichetto Fratin, precisando che «sulla no tax area aspettiamo le simulazioni finali del ministero dell'Economia». Anche il responsabile economico del Carroccio, Alberto Bagnai, non ha celato la propria soddisfazione in quanto «le soluzioni verso cui si sta convergendo valorizzano tre richieste della Lega: l'abolizione dell'Irap per autonomi e professionisti, la riduzione dell'Irpef per tutte le categorie di contribuenti, senza escludere i lavoratori autonomi, e una semplificazione significativa del sistema fiscale». L'ipotesi di accordo è «molto positiva, raccoglie tante istanze del Pd: la priorità assoluta va all'Irpef, come abbiamo sempre sostenuto, definendo una revisione organica che restituisce ordine e razionalità alla curva delle aliquote marginali effettive e riduce il carico sulla generalità dei contribuenti, a partire da chi attualmente paga gran parte di quell'imposta: lavoratori dipendenti, pensionati, ceto medio», gli ha fatto eco il responsabile economico del Nazareno, Antonio Misiani. La soddisfazione di Forza Italia e Lega per aver conseguito un obiettivo inseguito da tempo (l'abbassamento delle aliquote) è stata così condivisa dal Pd perché non penalizzante per i redditi medio-bassi (vedi articolo sotto).
Il contraltare della politica, come detto, è rappresentato dalle parti sociali, tutte scontente (ciascuna per le proprie ragioni) dell'intesa raggiunta. «Se la bozza dovesse essere confermata, saremmo in presenza di scelte che suscitano forte perplessità perché senza visione per il futuro dell'economia del nostro Paese», ha commentato Confindustria evidenziando che «la sforbiciata alle aliquote Irpef disperde risorse limitate a soli 8 miliardi, con effetti impercettibili sui redditi netti delle famiglie italiane, limita l'intervento sull'Irap alle persone fisiche senza migliorare la competitività delle imprese, non interviene in alcun modo a favore di giovani e donne». Il presidente Carlo Bonomi da tempo chiedeva un cospicuo taglio del cuneo fiscale alleviando il carico contributivo sulle aziende ma le sue richieste non sono state ascoltate.
Così come non sono stati ascoltati i sindacati che invocavano una destinazione totale dello stanziamento a dipendenti e pensionati. «L'accordo con noi non è ancora stato trovato», ha tuonato Maurizio Landini, segretario della Cgil. Posizione condivisa anche dalla Cisl secondo la quale «accordi confezionati dai partiti che renderebbero solo consultivo il ruolo dei sindacati sono irricevibili».
Contrariate anche Confcommercio, Confesercenti e Alleanza delle Cooperative.
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