"Tasse al 15% per i big" Al G7 trovato l'accordo

Intesa sull'aliquota minima per i colossi web. Draghi: "Passo storico per avere più equità"

"Tasse al 15% per i big" Al G7 trovato l'accordo

Un accordo di portata globale che avvicina i Paesi sviluppati all'imposizione unica sui profitti delle multinazionali. Al G7 finanziario di Londra, che si è concluso ieri, si è raggiunta un'intesa di principio sulla tassazione globale degli utili.

La proposta si fonda su due «pilastri». Il primo richiede ai gruppi multinazionali di pagare le imposte nei Paesi in cui operano. Anche se non citati è chiaro che i principali gruppi nel mirino siano quelli tecnologici (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, ecc.) che trattano gran parte dei ricavi globali come forniture di servizi tra una nazione e una casa madre situata in un Paese a bassa tassazione come l'Irlanda. Ebbene, a tutte le multinazionali con un margine di profitto netto di almeno 10% (gli utili netti sono almeno un decimo del fatturato; ndr) sarà chiesto di versare il 20% di quanto eccedente il 10% di quel margine riallocandolo pro quota nei Paesi in cui operano. Ad esempio, se una big tech fattura 10 miliardi di dollari e ha un utile netto di due miliardi (profit margin del 20%), dovrà distribuire 200 milioni (il 20% del miliardo eccedente il 10% del rapporto utili/ricavi).

Il secondo «pilastro» è rappresentato da un'aliquota globale minima «almeno del 15%» per la tassazione delle grandi imprese, che andrà applicata Paese per Paese. Questa soluzione «cancellerà» le digital tax che alcuni Paesi - tra i quali l'Italia - hanno imposto sul fatturato delle multinazionali del web causando l'ira dell'ex presidente Usa, Donald Trump, che per difendere i suoi colossi ha imposto dazi nei confronti dei Paesi Ue che le hanno applicate.

«Saluto con grande soddisfazione l'accordo sulla tassazione delle multinazionali. È un passo storico verso una maggiore equità e giustizia sociale per i cittadini», ha commentato il premier Mario Draghi. Il Cancelliere dello scacchiere (equivalente del ministro del Tesoro) britannico Rishi Sunak, l'ha definita una «stretta all'elusione fiscale», nonché un «primo passo» per un «terreno comune» in materia di imposizione. «Confidiamo che troveremo un accordo anche a livello di G20 affinché questi pilastri diventino un punto di riferimento», ha chiosato il ministro dell'Economia, Daniele Franco.

«Abbiamo compiuto un grande passo verso un accordo globale senza precedenti sulla riforma della tassazione delle imprese», ha commentato il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, aggiungendo che «ora dobbiamo fare l'ultimo miglio per espandere questo consenso a tutti i membri del G20 e a tutti i Paesi coinvolti nel quadro inclusivo dell'Ocse». Soddisfatta anche la segretaria al Tesoro Usa, Janet Yellen, secondo la quale l'intesa «metterà fine alla corsa al ribasso» tra Paesi sul fisco e «assicurerà equità per la classe media e i lavoratori negli Usa e altrove».

Anche Google, Amazon e Facebook sono favorevoli all'accordo. E, pur consapevoli che l'intesa comporterà un maggior carico fiscale, hanno manifestato soddisfazione per un'intesa che porta «stabilità nel sistema fiscale internazionale».

Meno entusiasta il ministro delle Finanze irlandese e presidente dell'Eurogruppo, Pascal Donohoe. «È nell'interesse di tutti raggiungere un accordo sostenibile», ha dichiarato. Ma da ieri l'Irlanda con il suo 12,5% di aliquota è un po' meno appetibile come quartier generale per le big tech.

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