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Una tattica intimidatoria già usata con altri rivali

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La tregua rotta con una mossa a sorpresa via tweet, all'improvviso: «per anni gli Stati Uniti hanno perso tra 600 e 800 miliardi all'anno nel commercio. Con la Cina, perdiamo 500 miliardi di dollari. Ci spiace, non faremo più tutto questo». Linea dura del presidente americano, proprio adesso che è in corso il rush finale dei negoziati che avrebbero dovuto invece portare a una pace commerciale tra i due Paesi, con un'intesa che secondo alcuni osservatori sarebbe potuta arrivare proprio questo venerdì. E invece. «325 miliardi di dollari di altri prodotti cinesi inviati negli Usa restano non tassati, ma lo saranno presto, al 25%. Il negoziato per l'accordo commerciale con la Cina continua, ma troppo a rilento, mentre loro cercano di ritrattare. No!».

I messaggi contro la Cina hanno creato un'ondata di panico, con toni sempre più accesi: il Dipartimento di Stato ha appena teorizzato che con la Cina è inevitabile, anzi è già in corso lo «scontro di civiltà». Negativi anche molti commenti dei giornali americani: dicendo che la Cina è comunque diversa per civiltà, Trump dà a Xi Jinping (nella foto) una scusa per riaffermare che «l'Asia è fatta per gli asiatici» e dev'essere dominata da stati di polizia.

Finisce così la tregua raggiunta a dicembre tra Cina e Usa raggiunta nel corso del G20 di Buenos Aires in cui avevano stabilito che le tariffe doganali Usa sarebbero rimaste congelate al 10% in attesa dell'avvio di negoziati che avrebbero dovuto riguardare il trasferimento forzato di tecnologia, la protezione della proprietà intellettuale, le barriere non tariffarie, le cyber intrusioni, servizi e agricoltura.

Pechino in un primo momento aveva lasciato intendere di valutare l'annullamento della visita del vice premier Liu He a Washington, ma in mattinata ha fatto sapere che la delegazione cinese «si sta preparando per andare negli Usa» come da programma. E il portavoce del ministero degli Esteri ha aggiunto di sperare che «Usa e Cina possano trovare una soluzione a metà strada».

E se da un lato il mondo guarda preoccupato, altri vedono in questi messaggi una tattica negoziale per non apparire debole rispetto a Xi Jinping e scommettono su un accordo in extremis.

Sono gli economisti di Ubs a ricordare che Trump ha usato queste tattiche durante le trattative che lo scorso novembre hanno portato Usa, Messico e Canada a sottoscrive l'accordo commerciale pensato per sostituire il vecchio Nafta. Però Ubs avverte: se Trump fa sul serio e agisce come indicato, «il governo cinese quasi certamente risponderà con ritorsioni».

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