Avvocato Mattia Grassani, esperto di diritto sportivo, a livello di giustizia sportiva cosa mette a rischio la Juve?
«Alla luce di quanto emerso, non ritengo ravvisabili estremi disciplinarmente rilevanti a carico del club bianconero. Senza prove chiare a carico di dirigenti o legali rappresentanti della società nell'alterazione della prova di esame di Suarez, la Giustizia Sportiva si può muovere, al massimo, per indagare se possano essere stati violati i principi di lealtà, probità e correttezza. E quest'ultimo, tutt'al più, potrebbe essere un filone di indagine da approfondire. Gli atti sono stati già richiesti alla Procura di Perugia, come prevede il Codice Figc, e, ritengo come atto dovuto, la Procura Federale ha aperto un fascicolo».
Le chiamate di membri dello staff della Juve che si sono mossi per la vicenda possono creare problemi al club?
«Un certo volume di traffico telefonico, senza che ne sia noto il contenuto, tra i vertici dell'Ateneo e alcuni dirigenti bianconeri rappresenta un irrilevante giuridico. Al massimo integra, se accompagnato da altri riscontri, un elemento indiziario. Ma se manca, come manca, a carico loro, la pistola fumante della corruzione o del concorso in comportamenti illeciti, le conversazioni e i contatti non significano nulla».
Il coinvolgimento dei legali del club, pur non essendo tesserati, può implicare qualcosa a livello sportivo?
«Conosco gli avvocati Maria Turco e Luigi Chiappero da qualche decennio, anche se non abbiamo rapporti diretti. Operano all'interno di uno studio legale di primaria importanza nazionale e internazionale, quello dell'avvocato Chiusano, un grandissimo professionista del diritto penale e non solo. Ritengo davvero fuori luogo ricondurre una o più telefonate assolutamente lecite ad ipotesi di coinvolgimento del club bianconero, di qualsivoglia natura. La conversazione, nota a tutti, costituisce il normale svolgimento di attività professionale».
I precedenti Recoba ed Eriberto possono essere messi a paragone in questo caso?
«A mio avviso i fatti di Perugia si differenziano sensibilmente dai precedenti citati. Innanzitutto perché allora le falsificazioni documentali furono portate a compimento e consentirono ai giocatori di tesserarsi, cosa che non è avvenuta nella vicenda Suarez. Inoltre, i due atleti giocarono campionati interi prima che si scoprissero gli illeciti, alterando la regolarità del campionato di Serie A, eventualità da escludere a priori nel caso Suarez. Infine perché per Recoba ed Eriberto, così come per molti altri atleti coinvolti nei due filoni, vennero condannati anche dirigenti di società, mentre in questa vicenda, come detto, non si vedono coinvolgimenti diretti di rappresentanti juventini».
Può contare il fatto che la Juve si sia sfilata dalla trattativa Suarez cambiando obiettivo di mercato prima dell'esame di Perugia?
«Se non c'è coinvolgimento dei vertici bianconeri, qualsiasi elemento ulteriore non viene nemmeno preso in considerazione. Se, invece, dalle telefonate, dagli interrogatori, dagli accertamenti in corso, dovesse emergere, ma siamo nel campo delle mere ipotesi, che qualcuno della società ha avuto un ruolo nel pasticcio di Perugia, ecco che allora sia il mancato tesseramento del giocatore da parte del club sia il cambiamento di obiettivo prima dell'esame rappresenterebbero carte importanti da giocare nel procedimento sportivo per dimostrare la buona fede».
Come giudica l'intera vicenda?
«Premesso che il
principio di presunzione di innocenza permea ogni ragionamento fatto, pensavo che certi fenomeni di sottocultura e inciviltà fossero ormai stati abbandonati. E anche l'Ateneo di Perugia ne esce, a mio avviso, in malo modo».
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