Tende piantate nei campus italiani. Arriva l'"intifada" dei pro Hamas

Da Bologna a Roma, importati dagli Usa gli accampamenti pensati per assediare le università. I deliri ideologici degli studenti. I nemici? Israele e la Meloni. Intanto la sinistra ufficiale tace

Tende piantate nei campus italiani. Arriva l'"intifada" dei pro Hamas
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L'Intifada delle tende è arrivata in Italia. Eccitati dalle immagini che rimbalzano dagli Usa, privi di fantasia come solo i settari sanno essere e mobilitati dal calendario che offre imminenti occasioni di «conflitto» (elezioni e sedute degli organi accademici) i sedicenti «studenti» italiani la chiamano proprio così: «Intifada studentesca».

E chissà se lo sanno, che quella rivolta che spudoratamente evocano negli anni scorsi si è tradotta in azioni omicide e terroristiche rivolte contro innocenti: famiglie, donne, bambini. E chissà se ci pensano, che la barbarie del 7 ottobre, orchestrata e sadicamente documentata dai nazi-islamisti di Hamas, è stata proprio il culmine di quella Intifada che loro vogliono importare anche in Italia. «Contro Università e governo» delirano. E contro Israele, ovviamente, di cui chiedono il boicottaggio.

A Bologna, che ha aperto la strada, le tende sono state piantate due giorni fa, e domani è previsto un pranzo con l'attivista egiziano Patrick Zaki. Le altre piazze seguiranno a ruota: il contagio sarà rapido agevolato dai social e dal tam-tam dei collettivi più estremisti. A tirare le fila «Cambiare rotta», un gruppo che si fregia del titolo di «Organizzazione giovanile comunista», vanta nuclei in ogni università d'Italia e sul suo profilo esibisce frasi e profili di Lenin e Mao, non proprio una ventata libertaria quanto a impeti rivoluzionari. Poi i soliti centri sociali, i sindacati di base, i reduci della vecchia, e mai rottamata militanza extra-parlamentare. Altro che «studenti».

Il nemico è sempre quello: sono gli Usa, è Israele, è il «sionismo». La questione mediorientale, nella loro testa, non ha più niente della contesa territoriale. La Palestina è un mito ideologico globale. Gli islamisti vogliono cacciare gli ebrei, la sinistra estrema vuole combattere l'Occidente. Si trovano uniti nell'antisionismo, versione socialmente accettabile di un riflesso antisemita altrimenti inconfessabile.

Delirano. Sognano le proteste contro la guerra in Vietnam: «Lotteremo da una generazione all'altra» proclamano i militanti del gruppo romano su un profilo Instagram in cui si fa notare la sagoma di un kalashnikov. «Non possiamo non rilevare come la solidarietà internazionalista verso la Palestina stia avendo un effetto di politicizzazione e radicalizzazione in senso antimperialista simile» osservano seriosi i compagni di Torino, accanto al ritratto di Ho Chí Minh

Il nemico non sono i dittatori, non sono i regimi liberticidi o i fanatici. Non lo sono mai stati. Anzi, sono alleati: il nemico è l'Occidente, lo stesso che li alleva bonariamente, li tollera, spesso li coccola.

Già protagonisti nei mesi scorsi di episodi di intolleranza e violenza (a volte non solo verbale) a Roma e Torino, i militanti delle proteste studentesche non hanno ricevuto una sola nota di biasimo dalla sinistra. E ora importano dall'America la «moda» delle tende piantate nei prati delle università per assediare le autorità e alimentare proteste che negli Usa sono arrivate al punto di rendere inaccessibili i campus a studenti e prof ebrei - e minacciano di essere odiose anche in Italia. Roma è partita. «Dalla Columbia alla Bicocca organizziamo insieme il boicottaggio accademico», dicono a Milano.

«Agitazione permanente in vista del Senato accademico del 21 maggio» promettono a Tor Vergata. «Ma che intifada volete fare, che se non riuscite ad affittare un monolocale con tutti i comfort a 20 metri dall'Università, vi viene l'ansia?» commenta disincantato qualcuno.

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