Tensione a Tulsa, la città blindata tra Black Panthers e suprematisti

Rischio scontri nel centenario del massacro razziale peggiore della storia del Paese. Domani arriva Biden

Tensione a Tulsa, la città blindata tra Black Panthers e suprematisti

È un clima pesante quello che si respira a Tulsa alla vigilia del centesimo anniversario di una delle più cupe e violente pagine del razzismo in America. Una ferita ancora aperta in una città spaccata che sembra rifiutare di fare i conti con il suo passato. Il timore di scontri in vista della ricorrenza è alto, e sono già scoppiate divisioni politiche e razziali. Sabato si è tenuta una dimostrazione a favore del Secondo Emendamento organizzata dal New Black Panther Party, con i manifestanti armati che hanno chiuso le strade al grido di: «Cosa vogliamo? Giustizia! Quando? Adesso! Come la otterremo? Con ogni mezzo necessario!». Sulle commemorazioni pesa l'ombra dei suprematisti bianchi e di una loro contromanifestazione, ma pesano anche le tensioni sugli eventi pianificati, come dimostra l'improvviso annullamento (per circostanze inaspettate con gli intrattenitori e i relatori, è stata la laconica spiegazione) dell'atteso concerto «Remember and Rise», a cui doveva partecipare il cantante John Legend e l'attivista per afroamericana Stacey Abrams.

C'è poi la questione mai risolta dei risarcimenti alle famiglie e ai discendenti delle vittime del massacro del 1921 nel quartiere di Greenwood, che allora rappresentava una delle comunità afroamericane più prospere degli Stati Uniti, tanto da essere soprannominata «Black Wall Street». Dopo anni di scontri in tribunale che non hanno portato a una soluzione, ora il tema si è riaperto quando gli unici tre sopravvissuti ormai ultracentenari - Viola Fletcher, Hughes «Uncle Red» Van Ellis e Lessie Benningfield Randle - hanno chiesto l'intervento del Congresso perché i loro discendenti vengano compensati per i danni subiti. Oltre questo, c'è il fatto che nessuno è stato mai punito per quanto accaduto.

Il dipartimento per la sicurezza interna ha diffuso un'allerta secondo cui le commemorazioni «sono obiettivi attraenti per alcuni suprematisti ed estremisti bianchi violenti, motivati da ragioni razziali o etniche, per commettere violenza». La polizia di Tulsa si è mobilitata e ha chiesto agli abitanti di segnalare qualunque comportamento o episodio inusuale. Anche in vista, domani, dell'arrivo a Tulsa del presidente americano Joe Biden, che vuole tendere la mano alla comunità afroamericana e facilitare una riconciliazione. Proprio nel giorno in cui la città riprenderà gli scavi di una fossa comune nel cimitero di Oaklawn che potrebbe essere collegata al massacro del 1921, quando tra il 31 maggio e il 1° giugno, orde di bianchi attaccarono e distrussero con armi ed esplosivi la comunità afroamericana di Greenwood, uccidendo sino a 300 persone e lasciando 10mila neri senza casa.

I tumulti scoppiarono dopo che un giovane afroamericano, Dick Rowland, venne arrestato e accusato di violenza sessuale contro Sarah Page, 17enne bianca addetta agli ascensori in un edificio commerciale. Una folla di centinaia di bianchi si radunò fuori dal carcere dove era rinchiuso Rowland, e 75 afroamericani (alcuni armati) si diressero verso la prigione per impedire che il ragazzo fosse linciato.

A quel punto iniziò uno scontro a fuoco tra i due gruppi in cui morirono dieci bianchi e due neri: fu l'inizio delle violenze di un gruppo di bianchi, che la notte e il mattino seguente invasero il quartiere uccidendo gli abitanti e dando fuoco a case e a negozi.

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