Il tentativo di Cottarelli vicino al fallimento?

Un governo Cottarelli sifiduciato che ottenesse solo qualche decina di voti sarebbe troppo debole anche per il Colle. Le urne sono più vicine ma, anche i partiti che le invocano, non se la passano bene

Il tentativo di Cottarelli vicino al fallimento?

"Io ci avevo visto lungo. Mi sono dimesso e, ora, tutti mi seguono a ruota". Sogghigna Guido Crosetto mentre, in Transatlantico, discute con i cronisti e i colleghi parlamentari la crisi istituzionale in atto. E, mentre il premier incaricato Carlo Cottarelli esce dal Quirinale senza sciogliere la riserva, si profila l'ipotesi di un ritorno al voto già a fine luglio.

Le incognite del governo Cottarelli

Al di là della smentita ufficiale del Colle, la sensazione è che il tentativo di Cottarelli sia destinato al fallimento. Ed è sempre Crosetto a spiegarne i motivi: "Che credibilità avrebbe Mattarella se desse vita a un governo che in Parlamento non prenderebbe nemmeno un voto o quasi?". Dopo che il Pd ha annunciato 'un'astensione benevola' nei confronti dell'ex commissario alla spending rewiew, il rischio è proprio questo. Un 'governo del Presidente' sfiduciato da tutto il Parlamento significherebbe delegittimare non Sergio Mattarella ma la presidenza della Repubblica in quanto principale organo di garanzia costituzionale. Non solo. Un governo così debole che autorevolezza avrebbe al prossimo Consiglio europeo di fine giugno? Nessuno, tanto vale mantenere in vita il governo attuale. Calendario alla mano, poi, ipotizzando che Cottarelli, una volta ottenuto l'incarico, si presenti alle Camere la prossima settimana e non ottenga la fiducia, non avrebbe la possibilità di durare fino a settembre. Se da un lato il presidente della Repubblica non è obbligato a sciogliere le Camere il giorno successivo, non è nemmeno pensabile che lo faccia un mese dopo. Vista l'attuale situazione, si voterebbe in ogni caso a fine luglio dal momento che dallo scioglimento al voto devono intercorrere 60 giorni (45+15 per il voto all'estero). Un decreto potrebbe restringere o allungare i tempi ma a cosa servirebbe prolungare questa agonia? E cosa potrebbero legiferare un Parlamento senza governo? Praticamente il nulla più assoluto. Certo, c'è chi, come Fratelli d'Italia, sostiene che si potrebbe usare la Commissione Speciale per modificare la legge elettorale ma, secondo l'ex parlamentare Giuseppe Calderisi tale commissione avrebbe la possibilità di legiferare solo sui provvedimenti urgenti e non sull'ordinaria amministrazione. Una modifica della legge elettorale sarebbe necessaria anche per lo stesso Matteo Salvini ma, come abbiamo già detto, con un governo sfiduciato non ci sarebbero i tempi. Ammettendo pure che la rinuncia di Cottarelli sia una "fake news" e che domani lui presenti davvero la sua lista dei ministri, si troverebbe davanti alla difficoltà fin qui descritte.

Ecco il perché dell'accelerazione del Pd

Al momento, stando ai sondaggi, il voto conviene essenzialmente a Lega ed M5S che, però, intanto hanno annunciato la volontà di lavorare per la nascita delle commissioni parlamentari così da poter comunque cercare di attuare, per via parlamentare, il 'contratto di governo' gialloverde. Un'ipotesi che ha messo in allarme il renzianissimo Andrea Marcucci, capogruppo del Pd in Senato, che ha tuonato: "Noi chiediamo immediatamente lo scioglimento delle Camere per andare a elezioni. Noi sì chiediamo le elezioni, noi sì chiediamo la verifica". Un'accelerazione un po' insolita per un Pd che si sta ancora leccando le ferite dal deludente esito del 4 marzo scorso ma che serve ai renziani per mantenere salde le mani sul partito. Un voto a settembre, come ha ammesso lo stesso Matteo Orfini a ilGiornale.it, non avrebbe consentito di indire il Congresso prima proprio per mancanza di tempo. Renzi aveva puntato tutto sulla nascita del governo 'gialloverde' per dar vita a quel partito macroniano che avrebbe dovuto vedere la luce in autunno, con la nona edizione della Leopolda. Nulla di tutto questo è attuabile in tempi brevi ed ecco, dunque, il cambiamento repentino di strategia: l'idea di giocare da centravanti e non da attaccante e la creazione di un "fronte anti-sfascisti" che ostacoli l'avanzata dei populisti.

Le difficoltà di Lega ed M5S

Populisti che, a loro volta, chiedono il voto ma, sotto sotto, avrebbero preferito avere più tempo per dar vita a quel 'polo sovranista' che poggia le sue fondamenta sul 'contratto di governo'. I dissidenti dentro il M5S sono pochi ma rumorosi. Il deputato campano Luigi Gallo, vicino al presidente della Camera Roberto Fico, lo ha scritto chiaramente su Facebook: "Di Salvini non mi fido. Nessuna alleanza alle prossime elezioni con la Lega può essere possibile senza rinnegare la nostra storia, la nostra identità e i nostri valori". E anche Matteo Salvini avrebbe poco tempo per arrivare alla rottura completa con il resto del centrodestra. Il 10 giugno si vota per le amministrative in molte città del Centro-Nord, alcune storicamente di centrosinistra come Brescia, Imola e Siena, tutte realtà locali ma simboliche e dove il centrodestra si presenta unito. Una sconfitta alle prossime amministrative segnerebbe il primo cedimento di Salvini, dopo una lunga cavalcata vincente.

D'altro canto potrebbe essere il pretesto per rompere con il 'cavallo perdente' ma che futuro avrebbero le amministrazioni locali del Nord come la Liguria, la Lombardia, il Veneto e il Friuli dove la Lega governa con Forza Italia, suo storico alleato da quasi 25 anni?

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