La tentazione di correre da soli, per non lasciare che l'alleato più forte si prenda il regno del leghismo, l'ultima roccaforte su cui Fratelli d'Italia ha già messo l'ipoteca. La Lega di Matteo Salvini - che ieri ha riunito il consiglio federale in via Bellerio ma ha rinviato eventuali riflessioni e rese dei conti, dopo lo scontro con il fondatore Umberto Bossi, a dopo i ballottaggi - si prepara per la sua partita decisiva, le Regionali del Veneto nell'autunno 2025. Dopo il «no» di Fratelli D'Italia alla possibilità di introdurre il terzo mandato, che avrebbe blindato il governatore Luca Zaia, nel Carroccio non si esclude di andare da soli, fuori dalla coalizione. È presto per le scelte, ma i ragionamenti sono in corso. Bisogna tentare di non farsi cannibalizzare dalle mire dell'alleato che guarda con sempre maggiore insistenza a un territorio dove ha ottenuto percentuali altissime, il 37,5 per cento, 5 punti in più rispetto alle ultime Politiche. I voti della Lega sono stati meno di un terzo. Per capire il clima basti sapere che, con il conteggio delle schede ancora in corso, il senatore di Fdi, il veneziano Raffaele Speranzon, aveva già sentenziato: «L'era Zaia è finita, adesso il Veneto tocca a noi». I leghisti valutano con sempre maggior convinzione un piano B, la corsa solitaria. Tentare il tutto per tutto con Zaia in lista come consigliere, una sorta di portabandiera, in grado di canalizzare consensi. Ma l'atmosfera è questa. Luca De Carlo, coordinatore regionale FdI, la mette così ai leghisti: «È legittimo che noi abbiamo un candidato governatore. La realtà dei numeri non si discute: siamo al 37,5% ed è un messaggio molto forte che arriva dai veneti. I veneti hanno detto come la pensano». Del resto Elena Donazzan, assessore regionale di Fdi nella giunta Zaia, eletta alle Europee con 65mila preferenze, ha già annunciato la sua corsa: «Il mio sogno è sempre stato quello di fare il governatore del Veneto. Qui FdI ha avuto la maggior crescita e se Zaia non potrà essere ripresentato, metto sempre la mia disponibilità a un'eventuale candidatura».
Cauto ma chiaro è il messaggio di Alberto Stefani, segretario regionale della Lega e presidente della commissione bicamerale sul federalismo fiscale: «Che il Veneto resti la linea del Piave per la Lega mi pare indiscutibile». Quanto alla coalizione, «sarà il tavolo dei leader di centrodestra a scegliere a chi spetterà la Regione. Non è questo il momento di litigare sui nomi e sulle bandiere». Di certo la Lega non lascerà scoperti spazi che considera suoi, e con un esercito di sindaci targati Carroccio punta a riprendere il consenso perso con i temi più identitari: «Per noi prima vengono i veneti, poi le ambizioni dei partiti, che è normale che ci siano, ma sicuramente non si devono consumare a scapito del futuro del Veneto. Noi riconosciamo il centrodestra come alveo naturale della nostra connotazione politica - dice Stefani - È chiaro che in Veneto le amministrative hanno dimostrato che, anche quando corriamo da soli, vinciamo.
Continueremo a percorrere questa strada nel rispetto della coalizione. Significa che non intendiamo uscire dalla coalizione, ma il nostro movimento è capace di aggregare forze diverse, a livello amministrativo e territoriale». Insomma, anche da soli, se necessario.
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