La terza ondata è dietro l'angolo. L'Oms: "Variante inglese in 22 Paesi"

L'arresto del calo nei contagi mette in allarme i virologi Gimbe: "Correggere il sistema delle Regioni a colori, serve poco"

La terza ondata è dietro l'angolo. L'Oms: "Variante inglese in 22 Paesi"

I dati sui nuovi contagi non sono più in miglioramento. E dietro a questa frenata i virologi vedono l'arrivo della terza ondata. Che, lasciando da parte qualsiasi forma di pessimismo, si articolerà in più varianti: tra le più temute ci sono quella sudafricana, appena isolata e probabilmente refrattaria al vaccino, e quella inglese, che dà al virus il potere di ingranare la quinta e accelerare i contagi.

I contagi e i focolai non sono tracciabili, in alcuni reparti di terapia intensiva gli anestesisti si preparano al terzo giro e cominciano a fare la conta dei letti. E l'Oms torna a usare le parole che nessuno avrebbe più voglia di sentire. Come se i lockdown e le vacanze di Natale districate di limitazioni non siano serviti a nulla. «La situazione è allarmante - spiega il direttore europeo Hans Kluge - Il che significa che per un breve periodo dovremo fare di più di quanto abbiamo fatto». Il nuovo ceppo inglese del virus «potrebbe gradualmente sostituirne altri in circolazione, come si è visto nel Regno Unito e sempre più in Danimarca» e sembra dilagare: sono già 22 i paesi europei in cui la variante è dilagata in modo significativo.

«C'è stata una frenata nei miglioramenti che stavamo vedendo sul fronte dell'epidemia di Covid-19. Il fatto che aumenti la percentuale di positivi con pochi tamponi eseguiti in questi giorni ci fa intravedere che le cose non stanno andando bene, non come si sperava» invita alla cautela il virologo dell'università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, e parla di «qualche spia d'allarme» nei numeri. «Il rischio di una terza ondata c'è ancora» - ammette - Sui tamponi fatti in questi giorni festivi c'è stato un rallentamento, quindi bisogna aspettare. Vediamo questi due giorni come procedono per avere conferma di quello che sta succedendo».

L'esperto nei giorni scorsi aveva fatto notare come il lockdown abbia ormai mostrato «il massimo che può fare nella modalità con cui è stato realizzato finora».

Di fatto i casi in salita non sono altro che il frutto dei week end di shopping e folla di dicembre Bisognerà capire se le vacanze di fine anno aiuteranno a placare il focolaio. «Per capirlo - spiega Pregliasco - occorrerà aspettare almeno 10-15 giorni». In base ai dati dei prossimi giorni si capirà anche se è il caso di aprire le scuole o no.

«Vorrei mordermi la lingua per non dire qualcosa che fa parte dei miei timori e forse anche qualcosa di più - cerca di trattenersi Massimo Galli, direttore di malattie Infettive all'ospedale sacco di Milano - Ho gravi preoccupazioni. Mi auguro che non ci si debba trovare in una situazione simile a quella di due mesi fa. Ma i numeri non sono per niente rassicuranti».

Per questo è fondamentale mantenere la media dei vaccinati giornalieri, soprattutto per fare da scudo al virus nelle prossime settimane, quelle cruciali, quando le iniezioni faranno effetto e garantiranno una copertura effettiva.

Nel frattempo va rivista l'organizzazione dei colori e delle regioni.

Ne è convinto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: «Urge un consistente restyling del sistema delle Regioni perché a fronte di risultati modesti in termini di flessione delle curve i costi economici e sociali sono sproporzionati. Infine, la comunicazione istituzionale deve diffondere la massima fiducia nel vaccino, ma al tempo stesso non alimentare aspettative irrealistiche che rischiano di far abbassare la guardia».

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