Proroga dei crediti di imposta e dello sconto benzina, bollette a rate, premi aziendali esentasse fino a 3mila euro e revisione del Superbonus fino al 90%, razionalizzato e più selettivo, visto che è costato finora 37,8 miliardi in più. Ma è la «tregua fiscale» il piatto forte della politica economica di cui anche ieri si è discusso. Una tregua che passa dall'inclusione finanziaria di chi oggi è in crisi, come i 19 milioni di italiani che hanno almeno una cartella dell'Agenzia delle Entrate. Sono piovute ipoteche a raffica dopo la fine dell'emergenza Covid, le segnalazioni al Crif e a Bankitalia sono fuori controllo. «Diamo loro una seconda chance, altrimenti le consegniamo a usura e racket», commenta con Il Giornale uno dei tecnici che assieme al viceministro dell'Economia Maurizio Leo (Fdi) sta lavorando a una nuova stagione dei rapporti tra contribuenti e fisco, legata anche alla scelta di innalzare il tetto al contante a 5mila euro. «Se uno straniero può entrare con 10mila euro cash senza dichiararli, perché non può spenderli come vuole?», ragiona un esperto di antiriciclaggio.
Si parte con la flat tax: autonomi e partite Iva fino a 85-90mila euro pagheranno il 15%. «La differenza tra 65mila e 85mila è minima in termini di copertura richiesta», ha confidato Leo ai suoi, citando una direttiva Ue che tra due anni consentirà comunque di portarla oltre i 65mila. Si lavora anche a una flat tax incrementale al 15% solo sulla quota di stipendio extra nel triennio precedente. L'obiettivo dichiarato è ridurre il tax gap, cioè la distanza fra il gettito potenziale e quello reale. Nel caso dell'Irpef per gli autonomi il dato è al massimo storico del 68,7% e avrebbe sottratto allo Stato 27,65 miliardi di euro.
Un fisco più attrattivo potrebbe invertire questo trend, è la convinzione degli esperti al lavoro. Si lavora infatti a ridurre anche il cuneo fiscale, con vantaggi ripartiti per due terzi alle imprese, un terzo al lavoratore. Ma servono risorse. Una parte potrebbe arrivare tramite una rimodulazione del Pnrr, visto che 21 miliardi di deficit extra sono destinati a ridurre l'impatto del caro energia. Un'altra dalla lotta (seria) all'evasione fiscale. Come ha ricordato recentemente il direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini l'80% è in mano ai grandi gruppi, il restante 20% ai piccoli e medi contribuenti, che però sono i più tartassati.
Nei giorni scorsi sulla scrivania di Leo sono arrivate le richieste dei commercialisti, sui cui l'esponente Fdi ha promesso un supplemento di indagine: sospensione delle azioni esecutive delle Entrate; stop alle segnalazioni alle banche da Entrate, Riscossione e Bankitalia; rottamazione quater con cancellazione delle cartelle sotto i mille euro, saldo e stralcio fino a 2.500 euro e diluizione delle altre con rate in 8-10 anni, proporzionate all'Isee senza aggio e sanzioni.
Serve anche una «vera» riforma del processo tributario: ci sono circa 400mila controversie pendenti, quasi una ogni cento abitanti, a volte lo Statuto del contribuente a tutela della «integrità patrimoniale» viene calpestato da cartelle impossibili da impugnare. «Basterebbe portare a rango costituzionale lo Statuto e avere giudici tributari specializzati», dice il commercialista Gianluca Timpone, visto che oggi come ricorda il suo collega Alberto Arrigoni nella Gazzetta tributaria sono a busta paga del ministero delle Finanze. Sul pasticcio Superbonus il presidente dei commercialisti lombardi Marcella Caradonna spiega: «Se il credito ha un'origine viziata, questo vizio si ripercuote sulle altre cessioni, come stabilisce una recente sentenza» e questo paralizza il sistema.
«Le responsabilità pesino su chi se ne è avvantaggiato, non sugli altri». La criminalità organizzata si è fatta ricca con le alchimie contabili previste dalla misura. E non si può far pagare il prezzo degli errori di Giuseppe Conte, ideatore del bonus, ai contribuenti onesti.
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