Dal candidato Pd che dà forfait in Calabria al dirigente locale "epurato", perché ha osato criticare il maître à penser del partito. Fino all'imbarazzo delle primarie a Torino latitate dagli iscritti. Il cambio di rotta impresso da Letta non convince la base. Ma chi non si allinea paga.
L‘’epurazione’ che piace ai “pastasciuttari”
Lo sa bene Enrico Sabri, segretario Pd del XIV Municipio di Roma, sospeso per 30 giorni dal partito. A irritare la commissione di garanzia romana dei dem è un post al vetriolo in cui Sabri, arrogandosi “il diritto di parlare anche a nome dei poveri compagni delle altre città”, scrive: “Goffredo Bettini, mi hai rotto il cazzo”. Poi edulcorato in “mi hai un pochino scocciato”. Non abbastanza per evitarsi l’’epurazione’, che però non riesce. E il politburo annacquato si rivela clamorosamente un “circo” tragicomico.
“L’obiettivo - spiega Sabri a ilGiornale.it - era porre al centro del dibattito il tema dell’alleanza con i cinque stelle ed evidenziare che la maggior parte dei quadri del partito democratico a Roma la vede come fumo negli occhi. Grazie a chi mi ha sospeso ci sono riuscito”. Il danno si rovescia in beffa. Sintomo del “peggior tic del comunismo post-comunista”. “Il ricorso politico della giustizia - continua il ‘dissidente’ della Balduina- resiste oggi in buona parte della sinistra ex comunista, quella salsicciara e pastasciuttara da festa dell’Unità, che crede di essere ancora negli anni ‘70 e che noi siamo gli eredi morali di Berlinguer. Cosa che il Pd non è. Visto che non siamo moralmente superiori agli altri bisogna smetterla di rifarsi alle strutture della moralità legale e all’uso politico dei mezzi giudiziari”.
Il correntismo atavico e la "coperta di Linus"
Il ricorso politico della giustizia è un residuato fuori tempo massimo che non piace agli iscritti (molte, dice Sabri, le dichiarazioni di solidarietà ricevute), ma compiace diverse correnti interne. Una contraddizione tipica di “un partito in stato confusionale”, che “non sa che pesci prendere”, secondo Claudio Velardi, giornalista, ex piddì e grande conoscitore delle dinamiche interne del partito. “Letta - punge Velardi - è arrivato dicendo stop alle correnti e invece le correnti impazzano più che mai”. Ne sono una dimostrazione i veleni e gli attacchi incrociati tra i contendenti a Bologna e il caso di Nicola Irto in Calabria. Il candidato alle amministrative che si è ritirato dalla corsa, stufo del “tatticismo senza visione” delle correnti non interessate a stilare programmi per risolvere problemi concreti, ma a siglare vantaggiosi accordi sottobanco con gli ‘amici’ del M5s. Che poi sfumano sistematicamente. “Quindi il Pd di Letta - chiosa Velardi - non sta funzionando sul piano interno e non sta funzionando sul piano politico. Perché l’alleanza con i cinque stelle è totalmente sfaldata. Il Pd avrebbe dovuto essere il partito di Draghi e, invece, così sta consegnando il governo Draghi al centro destra”.
Dietro non c’è solo una gaffe politica, dunque, ma un errore di collocamento. “Il problema è questo qua: il Pd è un partito di potere, l’architrave del sistema italiano perché hai in mano buona parte degli apparati burocratici dello Stato, le amministrazioni locali, le organizzazioni sociali. E un partito di potere si colloca in un’area centrale dello schieramento politico. Invece il Pd di Letta sta facendo la corsa a sinistra con parole d’ordine che servono a far contenti un po’ di militanti. È un po’ la coperta di Linus che Letta regala per dire che ha preso in mano le bandiere di sinistra, da ius soli al voto ai sedicenni, peraltro solamente sventolate senza diventare operative. Dici cose che non fanno piacere alla parte moderata, poi non le realizzi neppure. Quindi, non piaci neanche a quelli di sinistra: questa è la cosa peggiore, perché fai solo dei danni a te stesso”.
Il "masochismo" della sinistra
Insomma, è la solita “operazione lose-lose” della sinistra che si dà la zappa sui piedi da sola. Per guadagnare consenso si attacca alle “bandierine ideologiche” ma poi viene punita in sede elettorale. E il flop totale dei gazebo vuoti alle primarie di Torino fotografa questo “decennale scollamento" del partito dalla base elettorale. “Gli operai - chiosa Sabri - non hanno smesso di esistere hanno solo smesso di votare il Pd”. E la crisi economica prima, la pandemia dopo hanno acuito questo distacco. Ora il punto secondo il segretario dem della Balduina è: “Il voto ai sedicenni, l’alleanza con il M5s, tutte le battaglie del nostro segretario, un professore di Parigi che stimo molto intellettualmente, vanno anche bene, ma le battaglie vere, francamente, sono altre. Cosa vogliamo fare? Come intervenire sul patrimonio, sul reddito? L’Europa deve stampare più moneta? Quali sono gli interessi dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo? Come possiamo, nella questione migratoria, garantire gli interessi dei nostri cittadini e al contempo la pace nell’area mediterranea? Ecco, vorrei che un partito di sinistra, italiano, si occupasse di questo”.
Il partito delle ztl e delle bandierine ideologiche
Il Pd di Letta pare essere cieco non solo di fronte alle istanze di una base smarrita, ma non si accorge nemmeno della ‘mutazione genetica’ del proprio target elettorale. “I ceti più deboli, le periferie, gli emarginati - sottolinea Velardi - non votano a sinistra. La sinistra, e non solo in Italia, è il partito delle ztl, dei ceti più abbienti, degli intellettuali. Il profilo reale delle persone che votano Pd è questo, non quello dei vecchi ‘trinariciuti’. Non c’è niente di male. Il problema è quando tu non lo sei e vuoi far finta di esserlo, allora non funziona. Letta, tra l’altro, non è un pericoloso comunista. È un giovane vecchio democristiano. Perché ti butti a sinistra Letta? Non è cosa per te”.
Insomma, un massacro inutile, secondo l’ex capo della comunicazione di D’Alema, che cade nella vecchia trappola di “guardare il dito e non la luna”. La luna è l’elettorato e il dito sono “i militanti che ti applaudono nei comizi, che stanno decisamente più a sinistra dell’elettorato reale”. Ma, inseguendo “la luna”, il “partito del sistema” rischia di decadere a ideologia vuota destinata al flop.
“Tutto questo - sentenzia Velardi- per rafforzare le correnti interne dei militanti, che devono sempre mostrarsi molto incazzati, molto di sinistra, molto alternativi a tutto e molto nemici della destra. Quindi un dirigente, come Letta, che vuole ottenere un po’ di consenso interno, deve pure lui alzare la voce e dichiararsi di sinistra. È una vecchia storiella che, però, non funziona più”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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