Le toghe ai vertici del ministero della Giustizia e i sospetti di una fronda per boicottare Nordio

I rumors in via Arenula: i magistrati negli uffici tecnici ostacolano le riforme

Le toghe ai vertici del ministero della Giustizia e i sospetti di una fronda per boicottare Nordio
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Se fosse un romanzo si intitolerebbe: «Quer pasticciaccio brutto de via Arenula». E gli elementi del giallo ci sono tutti. C'è qualcuno che trama contro il ministro della giustizia? La domanda sorge spontanea, soprattutto dopo un paio di articoli giornalistici degli ultimi giorni che narrano di una fronda composta da toghe che lavorano all'interno del dicastero. Toghe pronte a boicottare le riforme - improntate al garantismo - di Nordio, ma anche quelle già entrate in vigore con la riforma Cartabia. Difesa dei privilegi, insomma.

Il Dubbio ha scritto che gli attori sarebbero i magistrati degli uffici tecnici di via Arenula, soprattutto dell'ufficio legislativo, rei di mettere in pratica una sorta di strategia ostruzionistica nei confronti dei dettami del ministro. Ci riferiamo a quelle norme - che dovrebbero giungere sul tavolo del Cdm a metà giugno - e che riguardano l'abuso d'ufficio, le misure cautelari, il traffico di influenze, l'informazione di garanzia e i limiti all'appello del pm. Il condizionale a questo punto però è d'obbligo.

Ad aggiungere nubi negli uffici ministeriali ci ha pensato poi il Foglio, che ha puntato il dito contro Giusi Bartolozzi, vice capo di Gabinetto di Nordio, magistrata fuori ruolo ed ex deputata di Forza Italia, considerata l'artefice dell'emendamento che ha rinviato a fine dicembre il termine per emanare i decreti attuativi della riforma Cartabia. Il fine ultimo, come paventato dal Foglio, sarebbe quello di far decadere molte norme invise ai magistrati. Qualche esempio? La valutazione delle toghe, la riduzione di quelle fuori ruolo e i limiti alle porte girevoli tra politica e magistratura. Secondo una fonte interna al ministero citata dal Foglio, la Bartolozzi avrebbe «accentrato tutto nelle sue mani». Interpellata dal Giornale, la diretta interessata ha però preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.

Tra i magistrati che lavorano a stretto contatto con Nordio c'è anche Alberto Rizzo, capo di gabinetto del ministro, ex presidente del tribunale di Vicenza che nel 2016 ha decretato la chiusura del tribunale di Bassano del Grappa, decisione opposta rispetto alle intenzioni dichiarate da Nordio, disponibile a riaprire le sedi minori.

C'è poi Gaetano Campo, capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, appartenente alla corrente di Magistratura democratica, corrente che ha più volte stigmatizzato l'operato del ministro. Alla fine, seppur nominate da Nordio, restano sempre toghe iscritte all'Anm. Ci si può davvero fidare?

Per Ciro Maschio, presidente della Commissione Giustizia in quota FdI, «le toghe di via Arenula hanno un ruolo tecnico. Il governo con il Parlamento e la maggioranza è pronto ad attuare quello che è il programma del centrodestra».

Dello stesso avviso il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, che sulla presunta fronda di via Arenula risponde: «A me non consta».

Gian Domenico Caiazza, presidente Unione Camere Penali italiane, ha lanciato l'allarme: «Nessuna riforma liberale della giustizia è possibile se non si risolve il nodo della presenza abnorme della magistratura nei ruoli chiave del ministero».

C'è poi da considerare pure il rapporto turbolento tra Nordio e l'Anm.

Pochi mesi fa, il presidente Santalucia ha definito le idee del ministro «uno scenario che dovrebbe allarmare tutti i cittadini». Insomma, sarà più forte la fedeltà alla propria casta o la sana collaborazione con Nordio? Il tempo si incaricherà di dirlo.

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