Toghe senza pace. Finisce sotto indagine, e sospeso, il sostituto procuratore generale della Cassazione Mario Fresa, 59 anni, che è anche addetto al servizio disciplinare. A inguaiarlo, la denuncia per percosse e minacce presentata contro di lui dalla moglie, una donna di origini sudamericane di 32 anni che ha raccontato agli agenti di un commissariato della Capitale di essere stata colpita con un pugno alla tempia dal magistrato al culmine di una lite nata per motivi di gelosia, lo scorso 10 marzo, nella casa del centro di Roma dove la coppia abita. Una lite che si sarebbe svolta nel primissimo pomeriggio, alla presenza della baby sitter che badava a loro figlio, un bambino di quasi due anni.
La donna, che sarebbe andata dalla polizia dopo essersi fatta refertare in ospedale per il cazzotto (prognosi di una settimana per una contusione allo zigomo), ha raccontato agli agenti che la lite è l'ultima di una lunga serie. Lei e Fresa si sono sposati lo scorso anno dopo una convivenza di tre anni, durante la quale, nella primavera del 2018, è nato anche il figlio della coppia. Proprio la gravidanza, e la perdita da parte della donna della forma fisica, avrebbe secondo la moglie del magistrato innescato rimostranze, lamentele e litigi da parte del marito, non soddisfatto per le nuove forme della signora, che dopo l'ultima lite degenerata la scorsa settimana è andata a vivere fuori casa. Nel verbale, secondo quanto racconta Repubblica, la donna avrebbe anche raccontato che Fresa l'avrebbe minacciata di toglierle il figlio se lei non avesse desistito dallo sporgere denuncia.
Ma la 32enne non ha cambiato idea, a quanto pare convinta anche dalla baby sitter che aveva assistito all'ennesima lite. E ora la procura di Roma ha aperto un fascicolo, assegnato al pool di toghe capitoline che si occupa della violenza di genere, coordinato dall'aggiunto Maria Monteleone. La procura generale della Cassazione, ieri, appreso dell'indagine, ha subito deciso la sospensione di Fresa dalla partecipazione al servizio disciplinare, oltre a sostituirlo, come richiesto dallo stesso magistrato, dalla trattazione dei procedimenti.
Fresa, che si occupava di disciplinare dal 2014, era stato per 4 anni anche componente del Csm. Poco più di un mese fa una sua decisione era finita sui giornali, quando aveva chiesto ai giudici della Suprema corte di respingere il ricorso dei figli di Marianna Manduca, vittima di femminicidio nonostante le 12 denunce presentate contro il marito, condannati in appello a restituire il risarcimento che lo Stato aveva loro riconosciuto in primo grado per l'omicidio della madre. Sempre Fresa aveva seguito il procedimento davanti al Csm del magistrato anglopartenopeo Henry John Woodcock, accusato di aver leso il diritto di difesa dell'ex consigliere economico di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, Filippo Vannoni. Fresa chiese per Woodcock una censura, e la sezione disciplinare del Csm confermò la richiesta di censura (poi annullata dalla Cassazione a novembre scorso con rinvio al Csm) solo per le dichiarazioni incaute rilasciate dal pm a una giornalista di Repubblica sull'indagine, mentre assolse Woodcock per la vicenda di Vannoni.
Il caso di Fresa è solo l'ultimo di una serie di imbarazzanti inciampi che hanno colpito la magistratura. È di dicembre scorso il caso di Andrea Nocera, capo degli 007 di via Arenula per volontà del Guardasigilli Alfonso Bonafede e costretto a dimettersi in seguito all'iscrizione nel registro degli indagati con l'accusa di corruzione a Napoli.
Ma tutta la seconda metà del 2019 è stata segnata dallo scandalo
perugino sulle toghe sporche che ha coinvolto Csm e Anm, dopo il coinvolgimento dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, che trattava nomine con gli esponenti Pd Lotti (ora Iv) e Cosimo Ferri.
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