Le toghe rosse aiutano i migranti climatici. Sei sentenze su 10 contro il decreto Cutro

Il caso di un bengalese che ha ottenuto il permesso per l'alluvione di otto anni prima. Via libera pure senza catastrofi

Le toghe rosse aiutano i migranti climatici. Sei sentenze su 10 contro il decreto Cutro
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I migranti climatici esistono davvero: sull'onda dell'ideologia woke che abbraccia la sinistra dei magistrati pro migranti ecco che in Italia vengono rilasciati permessi di soggiorno proprio a causa della possibile e tanto acclamata fine del mondo. Una pratica che già esiste, come sancito dal Decreto Cutro targato Meloni ma che, come riportato sul sito di Magistratura Democratica e promosso da Asgi, non è abbastanza.

Il Decreto Cutro afferma che «il permesso per calamità naturali è concesso ai cittadini stranieri già presenti in Italia che non possono tornare nei loro paesi di origine a causa di una calamità naturale eccezionale» ed elimina «la possibilità di convertire i permessi di soggiorno per calamità naturali in permessi di lavoro». Per i fanatici di Greta Thunberg e dell'immigrazione incontrollata questo sembrerebbe però essere troppo poco. Il Comitato Onu, riporta Asgi, ha infatti chiarito che devono avere la possibilità di entrare in Italia non solo chi è colpito da calamità naturale ma chi, potenzialmente, potrebbe subire i danni in futuro del cambiamento climatico.

«I danni indotti dai cambiamenti climatici possono verificarsi sia a seguito di eventi improvvisi, come a seguito di processi a lenta insorgenza» si legge sul documento. Gli amici europei la chiamano «reasonably foreseeable», cioè l'anticipazione di una catastrofe climatica che «lede il diritto umano alla vita del migrante». In sintesi: «gli effetti del cambiamento climatico possono esporre gli individui alla violazione dei loro diritti» spiega il comitato europeo. Ma qual è la portata di questo fenomeno? Bassa, molto bassa. Andiamo nello specifico: tra il 2018 e il 2024 sono state fatte in Italia 311 richieste da migranti climatici e ne sono state accolte circa il 60%. Ciò che fa pensare è la provenienza di queste persone: al primo posto Pakistan, segue Albania, Turchia, Bangladesh, Nigeria, India e addirittura Cina. Dati riportati in uno studio pubblicato - e pubblicizzato - da Magistratura Democratica che auspica a una revisione della questione in quanto i numeri sono troppo bassi e suggerisce a una maggiore conoscenza sull'argomento. «Tale numero esiguo può essere ricondotto alla mancanza da parte dei migranti e dei rappresentanti legali dell'esistenza di uno specifico permesso di soggiorno», si legge. E l'Italia non si tira indietro: ecco alcune sentenze, potremmo dire fantasiose, in nome dell'accoglienza incondizionata.

La Suprema Corte di Cassazione, nel 2020, ha rilasciato un permesso di soggiorno per cambiamento climatico - superando la negazione dell'Appello - a un cittadino del Bangladesh che aveva lasciato il paese in ragione della «situazione climatica disastrosa a causa dell'allevamento industriale del gambero con l'occupazione del territorio con distese di vasche di acquacoltura». In pratica, un uomo dall'altra parte del mondo ha ottenuto un permesso in Italia per calamità naturali perché davanti casa aveva un allevamento di gamberi.

Ma non è l'unico: la Corte di Cassazione, sempre nel 2020 rilascia un altro permesso a un cittadino, anch'esso del Bangladesh, per aver subito dei danni alla casa a causa di

un'alluvione...un'alluvione avvenuta nel 2012. Solo otto anni dopo l'uomo decide di voler venire in Italia e i magistrati ben pensano di farlo entrare con quello che sembrerebbe diventare l'ultimo jolly: il permesso per il clima.

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