"Non vedrò neppure in televisione la sfilata del 2 giugno, e un po' mi dispiace". A scriverlo su Facebook è il giornalista Tony Capuozzo che si rammarica di non aver visto sfilare " gli alpini, i parà del 183 con cui ho diviso un periodo a Kabul, i marò".
"Mi dispiace perchè, pur avendo fatto malvolentieri la naja, ho imparato ad apprezzare quegli italiani in divisa. Ma non sopporto i commenti, e certa retorica", scrive prima di iniziare un ragionamento sulla sua idea di patria. "Se me lo chiedessero a bruciapelo - 'ami la Patria ?' - dovrei fare un discorso strano, per non ripetere quel che mi insegnarono alle elementari, o le lezioni di mia madre che esponeva un vecchio tricolore nei giorni di festa". Capuozzo, poi, ha raccontato di suo padre e ha spiegato che, negli anni si è "un po' affrancato dalla gratitudine inevitabile, per quello che ha fatto per me, o dalla stima postuma per quello che è stato".
"È facile amare il superman che ti solleva in braccio da bambino. Più difficile, ma per me più bello, - spiega parlando sempre per metafora - amare le sue sconfitte, e riconoscersi affettuosamente in esse, e ricordare certi tratti del suo carattere che allora non sopportavi, o ti indignavano, o ti spingevano a ribellarti, o te ne vergognavi, e adesso sono le ragioni per cui vuoi bene al suo ricordo".
"Come puoi voler bene a una patria come questa nostra, così scassata e modesta, così difettosa e ingrata ? Io le voglio bene come a mio padre: proprio con l'affetto che si deve a chi ha i suoi difetti, che assomigliano ai miei, con l'abbraccio con cui si va incontro alle bellezze sciupate, agli accenti familiari anche quando straparlano. Magari non dico viva il 2 giugno, ma non la dimentico il 3 o il 4", conclude Capuozzo.
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