Ma la Nuova Zelanda cosa c'entra con Luca Traini il «giustiziere» di Macerata entrato in azione per vendicare la povera Pamela Mastrogiacomo fatta a pezzi da un nigeriano? E qual è l'assonanza con «Elimina il Kebab», la canzone dedicata a Radovan Karadzic e ai massacratori serbi ascoltata da Brenton Tarrant mentre raggiunge in auto il luogo della strage? E cosa lega Christchurch, la cittadina del massacro, a Sebastiano Venier, il doge che nel 1571, a 75 anni suonati, guidò dal ponte della Capitana la battaglia di Lepanto infilzando i turchi a colpi di balestra, o a Carlo Martello e alla battaglia di Poitiers? La risposta è nessuna.
Il frullato di personaggi, eventi tragici ed episodi storici mescolati e argomentati da Tarrant in «The Great Replacement», il manifesto di 74 pagine diffuso su twitter prima di entrare in azione, ha ben poco a vedere con la Nuova Zelanda. Nell'ex territorio britannico abitato da cinque milioni di persone i musulmani rappresentano poco più dell'1% e non sono all'origine di particolari disordini sociali. Il vero legame con quei nomi e quegli eventi - molti dei quali appuntati in gessetto bianco su caricatori e mitragliatori impiegati nella strage, è garantito dal fiume carsico di odio che scorre tra le pieghe di internet. Un fiume alimentato dalla rabbia per gli attentati messi a segno dai gruppi del terrorismo jihadista e dal malcontento per il massiccio arrivo di migranti islamici nel cuore dell'Europa.
E infatti tutto inizia nel 2017 in Europa quando Tarrant, australiano d'origini gallesi, trascorre due mesi di vacanza in Francia. Lì assiste sconvolto alle cronache della strage di Stoccolma dove il 7 aprile 2017 un militante dell'Isis alla guida di un camion uccide 5 passanti innocenti tra cui l'11enne Emma Auklund. Quella bimba sorda, incapace di sentire il rombo del camion pronto a schiacciarla diventa il chiodo fisso del futuro killer. Ne rivede l'immagine mentre si cruccia per la presenza quasi maggioritaria di migranti nei piccoli villaggi francesi. Accarezza l'idea di vendicarla mentre osserva l'abbandono in cui versano i cimiteri dei soldati caduti durante la seconda guerra mondiale. Ma a convincerlo della necessità di agire sono la sconfitta di Marine Le Pen e l'elezione di Emmanuel Macron considerato l'icona di un capitalismo pronto a sottomettersi alla presenza musulmana pur di garantirsi consumatori e manodopera a basso prezzo.
Ma in questo frullato di odio, rabbia e frustrazione compaiono anche i nomi di Candace Owens, una controversa attivista afro americana sostenitrice di Trump e della destra statunitense più sfegatata e di Dylann Roof, il folle condannato a morte per il massacro di nove fedeli neri uccisi a colpi di pistola, nel giugno 2015, nella chiesa metodista di Charleston nella Carolina del Sud. Ma sul calcio del mitragliatore impugnato durante la strage di musulmani fa bella mostra anche la scritta «fourteen words», il mantra dell'Alt Right, la destra alternativa americana che in 14 parole recita «We must secure the existence of our people and a future for white children» (Noi dobbiamo assicurare l'esistenza della nostra gente e un futuro per i bambini bianchi). Un mantra coniato dal suprematista bianco David Lane che l'avrebbe a sua volta ricavato da un passaggio del Mein Kampf di Hitler.
Il tutto senza dimenticare Anders
Breivik, il norvegese autore nel luglio 2011 della strage di Utoya a Oslo. Da lui Tarrant sostiene di aver ricevuto un'amorevole benedizione dopo un veloce scambio di contatti. Come dire «tra matti ci siamo capiti al volo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.