Trame e lotte di potere. La fuga di massa da Md scatena la resa dei conti

Cascini guida i frondisti. Scambio di accuse con la leader Guglielmi per il caso Palamara

Trame e lotte di potere. La fuga di massa da Md scatena la resa dei conti

Poteva essere una scissione come tante nella storia della sinistra italiana, di quelle che finiscono con l'appassionare solo i partecipanti ai due schieramenti. Invece la spaccatura di Magistratura democratica, la corrente storica delle «toghe rosse», si sta trasformando in uno psicodramma che investe di rimbalzo l'intero pianeta della giustizia: perché racconta bene il degrado dei rapporti umani che stava (e forse sta ancora) dietro alla lotta per le poltrone. Con il capofila dei fuoriusciti, Giuseppe Cascini, che accusa il gruppo dirigente di Md di non averlo difeso a sufficienza quando era finito invischiato nel «caso Palamara», ed era stato pesantemente attaccato dai «duri e puri» della corrente. Scontri apparentemente politici e ideologici dietro i quali ci sono rancori che riguardano almeno due nomine: quella di Francesco Cascini, fratello di Giuseppe, che molto aspirava a venire trasferito alla Procura di Roma, e venne accontentato. E quella, naufragata, che nel 2018 doveva andare a Rita Sanlorenzo, candidata al Csm per la corrente di sinistra.

Giuseppe Cascini era stato il primo, nel luglio scorso, a lasciare Md, seguito una decina di giorni prima di Natale, da Giovanni «Ciccio» Zaccaro, anche lui membro in carica del Csm. Il 21 dicembre, la falla si è fatta voragine: a seguire l'esempio dei due sono stati venticinque magistrati, molti dei quali nomi storici della corrente, tutti assai vicini a Cascini. E ieri contro i fuggiaschi arriva inevitabile l'anatema: la leader di Magistratura democratica, Maria Rosaria Guglielmi, li accusa di «andare via bruciando i ponti», compiendo scelte «pericolose perché rischiano di essere distruttive e di dividere il fronte della magistratura progressista». Cascini replica alla Guglielmi a brutto muso, ricordandole che fin dal maggio scorso le aveva chiesto di venire difeso dagli insulti che gli erano piovuti addosso da alcuni compagni di corrente. Visto che «non ho ricevuto alcuna risposta, né in privato né in pubblico», me ne vado: «se non si riesce ad avere più rispetto per le persone e per la loro dignità, si provi almeno ad avere rispetto per la verità», conclude il membro del Csm.

Il problema è che gli «insulti» che Cascini dice di avere ricevuto nascono tutti dalle chat di Palamara. É in quelle chat, infatti, che la Sanlorenzo cerca la conferma di una voce secondo cui Cascini avrebbe tramato per segarla nel luglio 2018, quando alle elezioni per il Csm incassò solo 1.528 voti, molti meno di quelli a disposizione della corrente. Ed è in quelle chat che emergono gli altri due episodi che la base della corrente rinfaccia a Cascini: i biglietti che il medesimo chiede a Luca Palamara per portare il figlio all'Olimpico; e l'intervento, sempre di Palamara, per portare in Procura a Roma il fratello di Cascini. E pensare che un anno prima, all'inizio del caso Palamara, Cascini aveva esibito tutto il suo sdegno contro la «nuova P2» che infestava il Csm. Toni che quando anche il suo nome salta fuori nelle chat, gli si ritorcono contro.

Ora, dentro Md arriva la resa dei conti.

Che ha anche ragioni tattiche e politiche, visto che Cascini e gli altri accusano i «duri e puri» che hanno conquistato la guida della corrente di volerla portare all'isolamento. Ma la verità è che l'uragano del caso Palamara ha fatto irruzione dentro tutte le correnti, comprese quelle che per mesi hanno finto di non entrarci nulla. E che ora ne vengono devastate.

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