La violenza era il metodo usato per garantire l'ordine nel carcere Pietro Cerulli di Trapani. Botte, umiliazioni, insulti, maltrattamenti fisici e psicologici, talvolta vere e proprie torture ai danni dei detenuti, in particolare di quelli più fragili. Una sorta di «girone dantesco» per usare le parole del procuratore capo Gabriele Paci che, parlando di scenari degni dei «Miserabili di Victor Hugo», ha spiegato come almeno un quinto del totale degli agenti della penitenziaria in servizio fosse coinvolto in questo modus operandi diffuso e reiterato nel tempo. Venticinque sono stati raggiunti da misure cautelari e interdittive: 11 sono ai domiciliari, 14 sono stati sospesi, 46 indagati. Tra loro anche chi sapeva, ma taceva. Decine i casi scoperti da un'indagine partita del 2021, su segnalazioni degli stessi detenuti, che ha fatto emergere una sorta di «condivisione generale» della violenza, vista come mezzo inevitabile per fare rispettare le regole. Una realtà definita dal procuratore una vera «zona franca» dove la legge era sospesa e la violenza gratuita e sproporzionata una prassi. Le accuse vanno dalla tortura, alla calunnia, dal falso in atti pubblici (per le relazioni di servizio modificate per calunniare i reclusi e coprire gli abusi) fino alle percosse, ai trattamenti degradanti, all'abuso di autorità, con le aggravanti legate alla posizione di pubblici ufficiali dei poliziotti.
Tutto sarebbe avvenuto in locali dove inizialmente non c'erano le telecamere, in particolare nella cosiddetta palazzina blu, quella dell'isolamento. Quando è partita l'inchiesta, grazie alla collaborazione della direzione del carcere e della parte sana dell'amministrazione penitenziaria, le telecamere sono state installate di nascosto e hanno documentato le violenze che avvenivano nel reparto in maniera non episodica e che alcuni agenti, oltre a non intervenire, omettevano di denunciare. A volte i detenuti venivano fatti spogliare, gli veniva lanciata addosso acqua mista a urina e praticata violenza quasi di gruppo. Vessazioni continue, degradanti, senza un perché e anche davanti ai compagni di detenzione. In alcuni casi il gip Giancarlo Caruso ha ravvisato gli estremi per contestare il reato di tortura. Nell'ordinanza viene citato il caso di un detenuto marocchino che sarebbe stato costretto a spogliarsi e a percorrere un corridoio completamente nudo tra gli insulti e le prese in giro. Un episodio che gli avrebbe provocato un «verificabile trauma psichico». I prigionieri con problemi psichiatrici o psicologici non venivano affatto risparmiati. Anzi. Di solito venivano portati nel reparto blu, che per regolamento era senza telecamere, dove erano derisi, picchiati e insultati. Questo fino al 2023, quando la palazzina è stata chiusa per ragioni igienico sanitarie e il sistema di punizioni e torture è stato sospeso. «È inconcepibile che chi riveste un ruolo istituzionale si renda protagonista di simili atti», ha ribadito il procuratore Paci che, pur riconoscendo una situazione di degrado e stress generale che vivevano gli agenti, ha sottolineato che «questo non legittima assolutamente le violenze». Nel carcere c'era un clima di terrore, come dimostrano le immagini agli atti dell'inchiesta e le intercettazioni: «Tu sei un cane, tu sei un cane, capito? Cosa inutile, ammazzati...tanto questo è nero e non si vede un cazzo», dicevano gli agenti. Vessazioni continue: «Spogliati coso inutile». Spesso violenze: «Ammazzalo di bastonate sto pezzo di merda». Sarebbero stati almeno 14 i pestaggi avvenuti nel reparto blu.
L'inchiesta di Trapani agita anche la politica, con l'opposizione che chiede al ministro della Giustizia Carlo Nordio di riferire in aula.
«Subito un'informativa urgente», sollecita la dem Debora Serracchiani. «Chissà se il sottosegretario Delmastro ha provato intima gioia anche nell'apprendere delle torture per cui oggi sono scattati gli arresti», ironizza il segretario di +Europa, Riccardo Magi.
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