Toste le suorine di clausura del monastero Santa Chiara di Ravello. Solo tre, ma toste. Il commissario bussa alla porta. «No, ci dispiace, non può entrare» rispondono loro di tutto punto. Sanno bene che è lì per cacciarle via. L'uomo suona un'altra volta. «No, niente da fare, vada pure via» si barricano, ostinate. Per convincerle ad aprire arriva perfino il sindaco del paese del salernitano, Paolo Vuilleumier, che abita poco distante. In qualche modo riesce ad ammorbidirle. «Vi giuro che nessuno vi vuole mandare via da qui». Ed ecco che il portone dell'antico monastero si schiude, cigolante. Il commissario straordinario, padre Giorgio Silvestri, e i suoi assistenti - un tecnico e un prelato - riescono a varcare la soglia.
In ballo c'è il trasferimento, già chiesto da giugno, delle tre consorelle, le uniche rimaste in quelle immense stanze dove un tempo erano in 42. Suor Maria Cristina Fiore, originaria di Sansevero, in provincia di Foggia, che lo scorso 13 gennaio ha compiuto 97 anni, è a Ravello ininterrottamente dal 1955. È inferma e di lei si prendono cura suor Angela Maria Punnackal, indiana, e suor Massimiliana Panza, nolana di 46 anni, che nella sua «vita precedente» è stata promettente biologa al Policlinico di Napoli per poi indossare l'abito claustrale dal 2005.
«Non ci muoviamo. Lo facciamo per Papa Francesco» dicono le «guardiane» di quel centro di spiritualità che racconta sette lunghi secoli di vita claustrale e che è ritenuto tra le più antiche fondazioni francescane femminili in assoluto.
«Il monastero non è soppresso, non sono qui per mandarvi via» assicura padre Giorgio, che spiega alla stampa: «Porto delle nuove suore in più, una è infermiera che si prenderà cura dell'anziana 97enne. Soltanto che ho trovato permalosità e un po' di incomprensione. Hanno paura, hanno bisogno della loro intimità. D'altra parte è comprensibile in questo tipo di vita claustrale. Ma ci impedisce il dialogo con le attuali occupanti. Lo scopo è proprio quello di prendersi cura di Suor Maria Cristina, il monastero è già vivo ed esistente e prosegue».
La scorsa primavera le ultime tre monache rimaste avevano scritto a Papa Francesco offrendogli in dono tutte le proprietà del monastero per la sua carità. Il Vaticano ha accettato. Il patrimonio immobiliare, valutato tra i 50 e i 60 milioni di euro, passerà direttamente alla Santa Sede che ne determinerà il futuro. Ma la gioia delle consorelle è durata davvero poco perchè, dopo pochissimi giorni, il Dicastero vaticano per i religiosi inspiegabilmente ha disposto il trasferimento, immediato e perentorio, delle tre suore in tre diversi monasteri italiani.
Nel 2021 è stato nominato un commissario pontificio, un francescano del Santuario di Sant'Antonio di Padova, con l'incarico di censire tutto il patrimonio immobiliare dell'istituzione religiosa situato in una delle zone più suggestive della città della musica. Una proprietà che vale tra i 50 e i 60 milioni di euro. Oltre al vastissimo complesso storico (composto da chiesa, celle, foresteria, un grosso rudere e vasti terreni coltivati con vista mare) il monastero detiene, quale frutto di donazioni accolte nei secoli di servizio alla comunità locale, anche la proprietà dell'edificio storico dell'hotel Parsifal e tre locali commerciali in piazza Fontana Moresca che, insieme, pare rendano non meno di 200mila euro l'anno. Un gioiello sicuramente «sprecato» per ospitare solo tre persone.
Due anni fa lo
stesso Comune di Ravello si era opposto alla chiusura del monastero ed era nato un comitato di salvaguardia, composto da molti cittadini che proprio all'interno di quelle mura avevano frequentato l'asilo negli anni Sessanta.
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