Trecento giorni di guerra. "Ripresa la metà del Paese". E Zelensky vola da Biden

Trecento giorni di guerra. Trecento giorni da quel 24 febbraio che nelle convinzioni mal fondate di Vladimir Putin doveva segnare semplicemente l'inizio di un'operazione militare fulminea

Trecento giorni di guerra. "Ripresa la metà del Paese". E Zelensky vola da Biden

Trecento giorni di guerra. Trecento giorni da quel 24 febbraio che nelle convinzioni mal fondate di Vladimir Putin doveva segnare semplicemente l'inizio di un'operazione militare fulminea, da coronare con la rapida presa di Kiev, la decapitazione dei suoi vertici politici e l'annessione dell'Ucraina alla Russia. Non sono illazioni di parte: l'agenzia russa Ria Novosti aveva scritto in anticipo un articolo intitolato «Il nuovo ordine mondiale», in cui si ammoniva l'Occidente a prender atto che con la riconquista dell'Ucraina era cominciata la fine della sua egemonia. Quell'articolo non fu mai pubblicato, ma finì sul web, e da lì fece il giro del mondo prima di essere tardivamente cancellato. Oggi, trecento giorni dopo, Putin conta i suoi centomila caduti e non degna di una replica le famiglie loro e delle altre centinaia di migliaia gettati nel tritacarne del fronte, come documentano le telefonate a casa di alcuni di loro intercettate e diffuse dagli ucraini («I nostri mezzi fanno schifo... non ci danno da mangiare, beviamo l'acqua delle pozzanghere dopo averla filtrata... sto seriamente pensando di arrendermi... dove sono i missili di cui Putin tanto parla?»).

Trecento giorni di guerra a questo prezzo terribile per piantare in modo malfermo la bandiera russa sul 18% del territorio ucraino, compresi però Donbass e Crimea che già controllava prima del 2014. In questi mesi le forze di Kiev hanno liberato il 54% delle terre prese dai russi dopo il 24 febbraio, e ieri Putin ha dovuto riconoscere che nelle quattro «nuove province» annesse illegalmente in Ucraina lo scorso 30 settembre «la situazione è estremamente difficile». Non c'è sicurezza per i «nuovi cittadini russi» dagli attacchi ucraini in corso in quei territori, come a Melitopol che è il prossimo obiettivo della controffensiva, ma anche in Crimea, dove l'altra notte una colonna di mezzi russi è stata incendiata. C'è poi il capitolo delicato degli attacchi in territorio russo vero e proprio, che Mosca enfatizza nel tentativo di spaventare le opinioni pubbliche occidentali con lo spettro dell'escalation: a Shebekino, nei pressi del capoluogo provinciale di Belgorod, una persona è morta negli attacchi che hanno inflitto alla popolazione in scala minima gli stessi danni che patiscono Kiev e altre grandi città dell'Ucraina: interruzione delle forniture di elettricità e dell'acqua.

Trecento giorni, e la guerra continua. Chi spera nella pace dovrà attendere a lungo. Segnali fin troppo chiari mostrano che Putin pianifica una nuova offensiva forse già durante l'inverno, cercando di coinvolgere al suo fianco la Bielorussia in mano al dittatore-vassallo Aleksandr Lukashenko. Sul fronte opposto, Zelensky può contare sul ribadito sostegno militare degli americani: il portavoce del Pentagono John Kirby ha chiarito, a chi gli chiedeva se Washington sia sul punto di inviare agli ucraini gli attesi missili Patriot per garantire copertura antiaerea, che «continueremo a fornire a Kiev ciò di cui ha bisogno», anche in presenza di minacce dal Cremlino: «Non sarà la Russia a dettare il tipo di supporto che forniamo all'Ucraina». Nel nuovo pacchetto ci saranno bombe di precisione destinate a obiettivi di grandi dimensioni e alle linee difensive russe, con un raggio d'azione limitato a 15 miglia per impedire di colpire oltre confine. E elensky è atteso forse già oggi a Washington, parlerà davanti al Congresso Usa e incontrerà Biden alla Casa Bianca, sarebbe il primo viaggio negli Usa dall'invasione.

Trecento giorni di guerra, e la differenza di stile comunicativo tra Zelensky e Putin è sempre più evidente. Laddove stile fa anche sostanza. Il primo ci mette la faccia: ieri era a sorpresa a motivare le truppe a Bakhmut, nel punto più rovente dei 1.300 chilometri di fronte nell'Est dell'Ucraina, da mesi sotto un'offensiva sanguinosa russa con i feroci mercenari Wagner in prima linea.

Un Putin in difficoltà anche all'interno rimane a Mosca e al massimo va a Minsk, esorta i servizi segreti a cercare «spie, traditori, sabotatori» e oggi terrà con i vertici militari una riunione per definire gli obiettivi del 2023. Sarà presente il ministro della Difesa Sergei Shoigu, che come lui al fronte non si fa vedere. Un falso la sua presunta apparizione in prima linea di tre giorni fa: era in Crimea, a 80 km da dove si combatte.

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