«Oggi come allora il giustizialismo non è un virus che ammorba la totalità degli italiani ma è un male di cui è affetta per lo più una certa sinistra, che lo ha alimentato e brandito per decenni, salvo poi, negli ultimi anni, rimanerne al contempo vittima e ostaggio». La senatrice Stefania Craxi, a distanza di trent'anni esatti dal lancio delle monetine che colpirono suo padre all'uscita dell'hotel Raphael di Roma, è ancora convinta che «nel biennio '92'94, con un incrocio allora inedito tra processo mediatico e giudiziario, si creò un clima infame che ha condotto molti in errore». Solo il tempo ha messo in evidenza «che una parte di magistratura è mossa da una ideologia militante», attacca la senatrice azzurra che, pur ammettendo che alcuni errori giudiziari «sono fisiologici», ricorda che «Borrelli teorizzava candidamente che il nuovo secolo potesse essere all'insegna della giurisdizione». Insomma, secondo la Craxi, da Mani Pulite in poi ha preso piede «una visione moralizzatrice e politica della giustizia». Spesso, però, molti processi si sono rivelati un flop e il caso più caldo è sicuramente quello relativo alla trattativa Stato-mafia che si è concluso con una sfilza di assoluzioni. «Spero si chiuda definitivamente un capitolo infamante, una vicenda che ha fatto male non solo alle persone coinvolte ma all'intero Paese», dice Craxi secondo cui «purtroppo, c'è una parte del sistema, e sottolinea - non mi riferisco solo a certi Pm, a cui piace raccontare la storia italiana come un grande romanzo criminale». Ma non solo. Anche la Lega è stata colpita con le indagini sui presunti fondi russi (mai trovati), ma recentemente si è chiuso tutto con un'archiviazione. Intanto, però, come osserva la Craxi «il danno è stato comunque fatto, non solo alla Lega ma in parte anche alla credibilità internazionale dell'Italia». E, ancora una volta, è venuta meno la presunzione d'innocenza che, come ricorda la senatrice forzista «dovrebbe essere un fondamentale del diritto e della politica». Anche in questa vicenda, fa notare la Craxi, «abbiamo avuto processi e condanne mediatiche». Ma non solo. «Più di qualcuno, anche taluni che ora si professano garantisti, avrebbero voluto celebrarne uno in Parlamento», assicura la figlia del compianto segretario del Psi. «Abbiamo bisogno di stabilità», spiega che, ora, si augura che non arrivi una nuova persecuzione giudiziaria anche per Giorgia Meloni «non tanto per interesse di parte quanto perché sarebbe un male per tutti». Dopo Tangentopoli, oltretutto, «l'arma giudiziaria si è dimostrata via via sempre più spuntata, perché stanca e sempre meno originale», spiega la senatrice che ricorda come «per disarcionare Berlusconi nel 2011 fu necessaria l'operazione finanziaria e il gioco degli spread». Craxi ritiene che certi ambienti, vicini alla sinistra, abbiano ancora l'attitudine a «muoversi nell'ombra», ma confida che anche in questo Paese si possa avere una democrazia sana «dove lo scontro sia tra le forze politiche in campo e dove i cittadini siano gli unici giudici, attenti e informati, dei loro destini».
Stefania Craxi, ora, ripone le sue speranze nella riforma della giustizia a cui sta lavorando l'ex magistrato voluto a via Arenula espressamente dal premier Meloni, ossia Carlo Nordio, «un ministro con un profilo di competenza elevato e autenticamente garantista». Una riforma che, secondo la senatrice azzurra, forse non sarà «risolutiva», ma «è indefettibile» e il governo non può rinunciarvi. «Dobbiamo dare una risposta», sentenzia la Craxi.
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