Trieste Contro il rivale Roberto Dipiazza, che per due mandati prima di lui ha amministrato la città e ora è determinato a restituirla alla sua vocazione di centrodestra, Roberto Cosolini, sindaco uscente di Trieste, uomo di quel Pd che in Regione governa con Debora Serracchiani, si gioca l'ultimo jolly. E sulla via tracciata da Sala a Milano con l'ex Mani pulite Gherardo Colombo, annuncia in extremis l'arruolamento di un magistrato al ruolo di garante della trasparenza. Se, insieme all'appoggio assicurato al secondo turno dalla sinistra radicale di Rifondazione Comunista, basterà a recuperare gli oltre undici punti di distacco che lo separano dall'ex sindaco, lo diranno le urne.
La rimonta contro il «ciclone» Dipiazza dopo il ko è stata tutta in salita per il sindaco dall'indole riservata e certo meno mattatrice dell'altro Roberto, e che da favorito si è ritrovato a rincorrere lo sfidante rispuntato dal passato a risvegliare il voto moderato. E non solo quello. Perché Dipiazza è determinato a pescare anche nel bacino elettorale della protesta, convincendo gli indecisi, gli antirenziani, i ribelli alla classe dirigente democratica regionale, e sperando in quei grillini che con Paolo Menis al primo turno hanno raccolto il 19,4%. È un fatto che la discesa in campo della presidente Serracchiani a fianco del candidato Pd non abbia fin qui spostato i consensi che ci si aspettava. Ed è un fatto che le ultime due settimane di campagna elettorale Cosolini le abbia giocate in solitaria, cercando il dialogo diretto con i suoi cittadini e confermando la tendenza dei candidati democratici in queste amministrative a sganciarsi dai volti nazionali del partito. Ha girato a fondo Trieste rivendicando i successi del suo mandato, dal taglio della spesa pubblica al ritorno dei turisti nella città asburgica. Fino al protocollo per la riqualificazione del Porto Vecchio, firmato dal premier Renzi con la governatrice proprio alla vigilia del primo turno e preceduto da una sfilata di ministri democratici giunti a tirargli la volata. Dipiazza d'altro canto si accredita come il destinatario della voglia di cambiamento che serpeggia in città come in periferia, tra gli abitanti esasperati che respirano i fumi della Ferriera di Servola e i quartieri che più hanno sofferto l'ondata di profughi.
Ne è sicuro: se vincerà la «città diventerà bellissima» ripete Dipiazza. È il sogno di far sì che quel «ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e le mani troppo grandi» sappia un giorno «regalare un fiore». LoBu
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