"Troppi arretrati, Csm da riformare". Ecco i dossier più caldi per Pinelli

"Nomine ferme dal 2018", il vicepresidente leghista sferza il predecessore Ermini. Firenze e Siena i nodi da sciogliere

"Troppi arretrati, Csm da riformare". Ecco i dossier più caldi per Pinelli

«Il Csm è in grave difficoltà funzionale e ha tempi dilatati, va riformato». Le accuse del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli per la mole di fascicoli lasciati sulla scrivania delle commissioni di Palazzo de' Marescialli fanno arrossire il predecessore David Ermini. Sono spaventose le cifre che Pinelli snocciola, senza pietà: «Il Csm appena insediato ha ereditato 35 nomine direttive e 56 semidirettive» ferme dal 2021 e «quasi l'intero fardello 2022 con 81 direttivi e 91 semidirettivi», senza contare 2018 e 2019. Quanto ai capi degli uffici giudiziari «ci sono 295 procedimenti, alcuni del 2015». Chi conosce come funziona il Csm sorride amaro: «Difficile che i proclami di Pinelli diventino subito realtà, i consiglieri devono ancora rodarsi, alcune procedure sono giustamente lente per non comprimere i diritti in gioco». Ma quali i dossier più caldi? Il primo banco di prova sarà il prossimo presidente della Cassazione: in predicato di sostituire Pietro Curzio c'è la sua vice Margherita Cassano. Sarebbe la prima donna al vertice della Suprema Corte. Sempre in Cassazione bisognerà colmare il posto di procuratore aggiunto tra l'avvocato generale Renato Finocchi Ghersi e il segretario generale del Csm Alfredo Viola.

Ma a turbare i sonni di laici e togati del Csm ci sono le nomine dei procuratori capo di distretti chiave. A Napoli il derby è tra il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e quello di Catanzaro Nicola Gratteri, rimasto a bocca asciutta già tre volte (correva per Dap, Milano e Antimafia). Impossibile non accontentarlo. A Firenze a spuntarla dovrebbe essere il procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco, dato dai rumors largamente in vantaggio rispetto a Filippo Spiezia, oggi a Eurojust. Sul capoluogo toscano, orfano del procuratore generale dopo la partenza di Marcello Viola per Milano e dell'Avvocato generale, pesano tre procedimenti tosti: quello su Matteo Renzi e la Fondazione Open, gli strascichi delle indagini sulla Trattativa Stato-mafia e le stragi del '92-93, la bomba inesplosa sui trojan di Luca Palamara. Il pm Luca Turco (curiosamente padrone di tutti e tre i fascicoli incandescenti) l'altro giorno alla commissione d'inchiesta sulle intercettazioni al Senato ha ammesso che sui brogliacci dell'ex leader Anm cacciato dalla magistratura c'è qualcosa che non torna, eppure il fascicolo è fermo. Anche a Siena c'è un impasse che fa a pugni con il buonsenso. Il reggente è Nicola Marini, da 40 anni nella Rocca, invischiato nei pasticci del caso David Rossi (su cui indaga la Procura di Genova) e recentemente sfiorato da altre due indagini con molti buchi neri. La vicenda della ragazza che Marini considerava una mitomane (al contrario della Procura di Milano) che invece sarebbe vittima del padre affidatario orco, da cui avrebbe subito anche sequestri e violenze, come documentano le Iene. Poi c'è il giallo della cacciata del valoroso luogotenente del Nucleo investigativo senese Roberto Nesticò per delle prove sparite. L'ufficiale è riabilitato pienamente, ma le prove di un omicidio collegato col caso Rossi sono cancellate.

Infine torna alla Quinta commissione il caso Reggio Calabria, con la Procura decapitata dal Tar e l'altro giorno dal Consiglio di Stato perché Giovanni Bombardieri non avrebbe i requisiti. «Provvedimento fondato su gravi travisamenti di presupposti oggettivi», dice una fonte al Giornale.

Lo sfidante - il sostituto pg della Cassazione Domenico Seccia - è accusato di corruzione (reato prescritto) dall'Antimafia di Lecce. Non il miglior curriculum per guidare una Procura in trincea nella lotta alla 'ndrangheta.

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