Giuseppe Calderisi, ingegnere ed ex deputato, è stato, specie durante la militanza nel Partito Radicale, un protagonista di molte stagioni referendarie.
L'istituto referendario è in crisi?
«C'è chi ha fatto di tutto per far fallire questo referendum. Quello che Palamara chiama Sistema ha messo in atto tutte le contromosse possibili, soprattutto grazie alla mancata informazione da parte di gran parte dei media, a partire dal servizio pubblico. In ogni caso, è stato innalzato un vero e proprio muro di silenzio che ha prodotto un calo della partecipazione anche per le elezioni amministrative».
Lei parlerebbe di crisi del sistema referendario?
«Il referendum è un istituto che andrebbe riformato. Ormai c'è un'astensione di almeno il 30% in ogni circostanza elettorale. Per chi si oppone ai referendum è troppo facile sommare i No con questo astensionismo fisiologico e far mancare il quorum. Ci sono delle proposte. Ad esempio, abbassare il quorum strutturale alla metà più uno dei partecipanti alle ultime elezioni politiche. Ancor meglio un quorum del 25% dei Sì (degli aventi diritto), così da spingere alla partecipazione chi si oppone ai referendum e avere un confronto sul merito».
Lei di referendum ne ha proposti moltissimi.
«Guardi, i referendum hanno cambiato nel profondo la storia del nostro Paese. Penso a quello sul divorzio, che ha rotto l'unità politica dei cattolici nella Dc, o a quello sulla scala mobile che ha infranto il diritto di veto del Pci in campo politico e della Cgil in campo sindacale. Penso a quelli elettorali e a quelli sulla giustizia dopo il caso Tortora. Se vogliamo che questo strumento continui a svolgere il suo ruolo, cioè a veicolare domande della società che i partiti non riescono a intercettare e sulle quali non riescono a dare risposta».
In questo caso, peraltro, si è votato in un giorno solo.
«Dal 1974 ad oggi gli italiani sono stati chiamati a votare per dei referendum 18 volte, 9 fino al 1995 e altre 9 poi. Per le prime 9 volte il quorum è stato raggiunto sempre salvo una volta, votando sempre in due giorni, salvo una volta.
Dal 1995 in poi, invece, votando quasi sempre in un giorno solo, il quorum non è stato mai raggiunto, salvo una volta... . Guarda caso una delle tre in cui si è votato in due giorni. Mi sembra che non ci sia altro da aggiungere per comprendere quanto incida la scelta di votare in uno o due giorni e perché sia andata così».
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