Quella truffa 5S per bloccare Dibba

Agli Stati generali del 2020 prese il triplo dei voti degli altri grillini: risultati nascosti

Quella truffa 5S per bloccare Dibba

«Non si può violare lo Statuto perché non piace il possibile risultato democratico». Alla base di tutto il risentimento della vecchia guardia grillina nei confronti di Davide Casaleggio c'è probabilmente questa frase che mette a nudo le trame che hanno portato Giuseppe Conte a prendersi il movimento. Il figlio dell'ideologo 5 Stelle la pronuncia durante una riunione a porte chiuse (siamo a metà 2020) dopo che Vito Crimi e altri dieci big si rifiutano di votare il nuovo capo politico. L'obiettivo è mantenere lo status quo e sbarrare l'ascesa di Alessandro Di Battista. Lo scontro che si consuma in quella riunione è durissimo (uno dei presenti ci assicura che Casaleggio junior «si incazzò tantissimo») e sta probabilmente alla base della frattura tra il presidente dell'associazione Rousseau e il M5s che si consumerà di lì a pochi mesi.

«È stato in quella riunione che gliel'hanno giurata a Davide...». Per capire bene dove iniziano i dissapori, che col tempo si sono fatti insanabili, è lì che bisogna andare. Da una parte c'è Casaleggio che si trincera dietro allo Statuto per portare gli iscritti a votare il nuovo capo politico, dall'altra ci sono i notabili del movimento che vogliono che il potere rimanga nelle mani di Crimi. Il confronto è serratissimo ma alla fine a spuntarla sono quelli che nelle chat dei ribelli vengono definiti «poltronari». È solo l'inizio del grande raggiro per consegnare il M5s a Conte. Qualche mese dopo lo stop al presidente dell'associazione Rousseau, ecco la stessa cricca fiondarsi a nascondere il vero dato sui trenta candidati più votati agli Stati generali. Anche in questo caso è Vito Crimi a decidere: il comitato può solo pubblicare una lista in ordine alfabetico, senza quindi indicare le preferenze. Tutto posticipato a dopo l'elezione dell'organo di direzione. Ma è solo una balla. Oggi, a quasi un mese dal voto su Conte, infatti, la lista non è stata ancora resa nota. Alla faccia della trasparenza grillina: a conoscere le preferenze di quel fatidico voto sono soltanto il comitato di garanzia composto da Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, il collegio dei probiviri (Jacopo Berti e Fabiana Dadone), il tesoriere Claudio Cominardi e il garante Beppe Grillo. «A parte loro - ci spiegano - nessun altro può visionarli». E sono già passati la bellezza di nove mesi.

Ma perché quelle preferenze sono così importanti? E perché, se fossero venute fuori a tempo debito, la storia di Conte e del M5s avrebbe potuto essere diversa? Secondo alcune indiscrezioni di stampa, che oggi ilGiornale.it può confermare avendo visionato tutti quei dati, agli Stati generali Di Battista non solo arriva primo contro quasi mille candidati ma i suoi voti sono il triplo di quelli incassati da Luigi Di Maio che arriva addirittura terzo dopo Dino Giarrusso. «Questo voto plebiscitario ottenuto da Dibba - ci spiegano - è il motivo per cui per la prima volta nella storia del Movimento si è deciso di tenere nascosti i voti». È per difendere questo principio che nella riunione di metà 2020 Casaleggio junior si scaglia contro i vertici del movimento. «Non potete violare lo Statuto», urla in faccia a Crimi e agli altri dieci che si oppongono al voto. Sono tutti determinatissimi a evitare il confronto. Sanno che Conte non ha i numeri per farcela. E il risultato della votazione agli Stati generali ne è la riprova. Per questo decidono di secretarla. «Il fatto che il 40% dei votanti abbia dato una delle sue preferenze a Di Battista - ci spiegano ancora - la dice lunga su quanto sia amato dalla base e che avrebbe vinto anche la nomina a capo politico a mani basse».

Anche sui costi sostenuti per gli Stati generali i Cinque Stelle non brillano per trasparenza. Se si dà un rapido sguardo al bilancio si resta a bocca aperta. Non ci sono i dettagli, ma solo due macrovoci generiche: 50mila euro in consulenze e altri 67mila per «spese organizzazione evento». Totale: 117mila euro. Una cifra a dir poco considerevole per un evento interamente digitale di appena due giorni.

I soldi certo non mancano. Dieci giorni prima del voto Crimi mette in liquidazione il comitato iniziative del movimento e storna la bellezza di 140mila a favore del comitato per gli Stati generali gestito dalla Lombardi.

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