Trump, cambio di linea. E Putin apre ai negoziati

Il tycoon e la frenata sul piano Usa: troppo filo russo. La controproposta di Kiev e le prospettive di tregua

Trump, cambio di linea. E Putin apre ai negoziati
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Certe immagini fanno la storia. Anche se non sempre riescono a cambiarla. Di certo la fotografia calata tra i marmi di San Pietro di quel Donald Trump accoccolato su una sediola con il capo proteso verso un Zelensky che sembra quasi confessarsi appartiene alla prima categoria. Ora bisogna vedere se l'immagine riuscirà a entrare anche nella seconda. Difficile dirlo perché di quel dialogo, rubato al severo protocollo dei funerali di Papa Francesco, non conosciamo la trascrizione, ma solo i commenti di chi vi ha partecipato. O dei loro portavoce. «Molto produttivo» - scrivono quelli di Trump. «Buon incontro molto simbolico che ha il potenziale di diventare storico se raggiungeremo risultati comuni» - scrive senza sbilanciarsi troppo il presidente ucraino aggiungendo di aver discusso di un «cessate il fuoco totale e incondizionato» e di «una pace affidabile e duratura capace di prevenire lo scoppio di un'altra guerra».

Ma partiamo da Trump. Di lui colpiscono in particolare due elementi. Il primo è la postura attenta e coinvolta. Sicuramente assai diversa da quella aggressiva e scontrosa esibita nel primo burrascoso incontro con Zelensky dentro lo Studio Ovale. Il secondo elemento traspare da un post apparso su Truth, il social di proprietà dello stesso Trump, poche ore dopo il colloquio in Vaticano. «Putin - scrive il presidente Usa - non aveva motivo di lanciare missili su aree civili e città negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro. Deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie? Troppa gente sta morendo». Parole che fanno pensare ad un cambio di schema rispetto alla proposta di negoziato, assai favorevole a Mosca, presentata dal Segretario di Stato Marco Rubio e dal negoziatore Steve Witkoff durante gli incontri di Parigi del venerdì di Pasqua. Ma cosa avrebbe fatto cambiare idea all'umorale Donald? Difficile dirlo. Anche perché solo 24 ore prima commentando l'incontro al Cremlino tra Witkoff e Vladimir Putin parlava di «Russia e Ucraina molto vicine ad un accordo» e pronte ad un incontro ad alto livello «per concluderlo». Dichiarazioni confermate dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov secondo il quale Putin è pronto a negoziati con l'Ucraina «senza precondizioni».

L'impressione è che dopo aver proposto a Mosca il riconoscimento dell'annessione della Crimea, il «no» all'Ucraina nella Nato e il controllo «di fatto» dei territori occupati, Trump si sia accorto di regalare una vittoria preventiva a Vladimir Putin. Le controproposte illustrate da Zelensky nella sacrale atmosfera di San Pietro verrebbero viste da un Trump, sempre attento alla teatralità, come l'occasione per un felpato passo all'indietro. A quanto si sa Zelensky sarebbe pronto ad accettare l'esclusione dalla Nato, in cambio di un cessate il fuoco incondizionato e del dispiegamento di un «contingente di sicurezza europeo» appoggiato dagli Usa sui propri territori. A questo si aggiunge la richiesta che il controllo delle regioni contese venga deciso nel corso dei negoziati e non prima. Mentre per i danni di guerra Kiev chiede di accedere ai beni russi congelati. Le proposte sono molto lontane dal piano negoziale Usa, ma sarebbero state interpretate da Trump come il punto di partenza per un negoziato meno sbilanciato. Un negoziato favorito anche da una maggiore disponibilità russa.

Ieri infatti il Cremlino ha annunciato il completo ritiro

delle truppe ucraine dall'ultimo lembo del Kursk, anche se Kiev ha immediatamente smentito. Da domani dunque Vladimir Putin può sedersi al tavolo delle trattative senza dover negoziare la restituzione di territori russi.

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