
Nuovo colpo di scena di Donald Trump, che a sorpresa fa marcia indietro sui dazi e annuncia una pausa immediata di 90 giorni. Una mossa che vale per tutti i Paesi tranne uno, la Cina: il Dragone ha scelto di mostrare i muscoli, e il presidente americano risponde ordinando un ennesimo aumento delle tariffe doganali, che arrivano al 125%. «Sulla base del fatto che oltre 75 Paesi hanno convocato i rappresentanti degli Stati Uniti per negoziare una soluzione su commercio, dazi e manipolazione valutaria e che, su mio forte suggerimento, non hanno esercitato ritorsioni in alcun modo o forma contro gli Usa, ho autorizzato una pausa di 90 giorni e una tariffa reciproca sostanzialmente ridotta, del 10%, durante questo periodo», afferma The Donald su Truth. Parole che dopo giorni di sofferenza fanno volare i mercati con una corsa senza freni di Wall Street.
«Alla luce della mancanza di rispetto che la Cina ha mostrato nei confronti dei mercati mondiali, i dazi salgono al 125%, con effetto immediato», prosegue poi Trump rivolto al gigante asiatico. «A un certo punto, si spera nel futuro prossimo, Pechino si renderà conto che i giorni in cui si derubavano gli Stati Uniti e altri Paesi non sono più sostenibili né accettabili». «Avevamo detto non reagite e verrete premiati, le corse andranno bene. Il presidente ha creato una enorme leva negoziale», spiega da parte sua il segretario al Tesoro Scott Bessent dal giardino della Casa Bianca. «Non chiamerei quella con la Cina un guerra - continua - ma hanno scelto l'escalation, e il comandante in capo ha risposto in maniera coraggiosa». Mentre il segretario al Commercio Howard Lutnick racconta che lui e Bessent erano accanto a Trump «mentre scriveva uno dei post più straordinari della sua presidenza». «Il mondo è pronto a collaborare con lui per sistemare il commercio globale, mentre la Cina ha scelto la direzione opposta», afferma su X. Il cambio di rotta arriva dopo l'ennesimo invito alla calma agli americani: «Tutto andrà per il meglio». E dopo aver lungamente deriso i leader stranieri al gala annuale del Comitato nazionale repubblicano del Congresso martedì. «So cosa diavolo sto facendo. Questi paesi ci stanno chiamando per baciarmi il culo, muoiono per fare un accordo. Per favore, per favore, facciamo un accordo, farò di tutto signore», sono le parole con cui fa loro il verso, con un linguaggio decisamente colorito. Il 47esimo presidente americano difende le sue politiche tariffarie, affermando che sono le altre nazioni che vogliono trovare un'intesa. «Noi non vogliamo necessariamente fare un accordo con loro. Siamo contenti di stare così, prendendo i nostri 2 miliardi di dollari al giorno, ma loro vogliono fare un accordo con noi», spiega. E rivolgendosi ad «alcuni repubblicani ribelli che vogliono mettersi in mostra e dicono che Capitol Hill dovrebbe prendere in mano i negoziati», afferma. «Lasciate che ve lo dica, voi non negoziate come negozio io». Poi continua a rilanciare avvertendo che gli Usa «annunceranno presto un'importante tariffa sul settore farmaceutico». Trump si lamenta infatti che gli Stati Uniti non producono più i propri farmaci, sostenendo che la mossa riporterà la produzione all'interno del Paese. La vera battaglia, ormai, è quella con la Cina: dopo che sono entrati in vigore gli ultimi dazi Usa, Pechino ha alzato le tariffe imposte a Washington all'84%, innescando la nuova risposta di Trump. «Le loro esportazioni sono cinque volte superiori alle nostre. Penso sia un peccato che i cinesi non vogliano venire a negoziare perché sono i peggiori trasgressori del sistema commerciale internazionale.
Questa escalation è una sconfitta per loro», assicura il segretario al Tesoro. Trump, in chiusura di giornata, ha detto che «la Cina vuole fare un accordo» sui dazi. «Ma non sanno come fare», ha aggiunto ai giornalisti. «Troveranno il modo», ha chiosato.
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