Trump esulta: "L'America si fidi di me"

"La risposta dei mercati sui dazi era attesa". Voto contrario dei Repubblicani al Senato

Trump esulta: "L'America si fidi di me"
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Il terremoto scatenato dalla stangata sui dazi non fa arretrare nemmeno di un passo Donald Trump, che all'indomani del cosiddetto «Giorno della Liberazione» chiede di fidarsi di lui nonostante gli allarmi degli economisti, il crollo del dollaro e delle borse, le critiche di decine di capi di stato mondiali. «L'intervento è finito. Il paziente è sopravvissuto e sta guarendo, la prognosi è che sarà molto più forte, più grande, migliore e più resiliente che mai. Rendiamo l'America di nuovo grande» assicura su Truth il presidente usando un'insolita metafora medica. Il tycoon sceglie di mantenere un profilo basso ritirandosi a Mar-a-Lago, in Florida, e lasciando ai suoi fedelissimi il compito di rassicurare gli Stati Uniti e il resto del Pianeta che la strategia è vincente. E aggiunge tre pillole non da poco: «la risposta dei mercati ai dazi era attesa»; sempre in tema di dazi: «potrei trattare in caso di offerta fenomenale»; quanto agli scenari mondiali extra commercio: «Netanyahu potrebbe essere in visita negli Stati Uniti la prossima settimana, gli ho parlato».

«Trump sta portando l'economia in una direzione diversa, l'ha promesso e lo sta mantenendo» afferma il suo vice JD Vance ammettendo che si tratta di un «grande cambiamento» per gli americani e precisando: «Quello che vorrei chiedere alla gente di comprendere è che non risolveremo le cose da un giorno all'altro». Mentre la portavoce di Pennsylvania Avenue Karoline Leavitt sottolinea con Cnn: «Wall Street deve fidarsi di Trump». Il segretario al Tesoro Scott Bessent, invece, si rivolge ai partner commerciali degli Usa, esortandoli a non adottare misure di ritorsione: «Il mio consiglio a ogni Paese in questo momento è di non reagire. State calmi, vediamo come va. Perché se reagirete, ci sarà un'escalation». E il segretario al Commercio Howard Lutnick avverte che il tycoon «non farà marcia indietro» sui dazi ed è «molto determinato». Chi prova a farsi sentire è il partito democratico: il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer attacca la nuova ondata di dazi sostenendo che gli americani «dovrebbero essere indignati» e che «questa è un'enorme tassa sulle famiglie Usa, che serve per aiutare i miliardari a pagare meno imposte». E il senatore Ron Wyden, membro di spicco della commissione Finanze, definisce il piano di Trump «miope», sottolineando che le aziende non possono sentirsi sicure di fare «investimenti basati sull'annuncio: ci sono tutte le possibilità al mondo che Trump si svegli tra una settimana e decida di fare qualcos'altro».

Proprio la Camera Alta (a guida repubblicana), intanto, frena sulle tariffe doganali al Canada: con 51 voti favorevoli e 48 contrari ha approvato una risoluzione che annulla la dichiarazione di emergenza usata dal tycoon per giustificare nuovi dazi contro Ottawa, in particolare quelli legati al traffico di fentanyl. Quattro membri del Grand Old Party si sono uniti ai dem in un raro segnale di dissenso contro l'agenda protezionista del comandante in capo. Anche se la risoluzione non ha possibilità di passare alla Camera, dominata dai repubblicani, il voto mostra le preoccupazioni bipartisan sull'impatto economico dei dazi, giudicati da molti senatori - compresi i conservatori Mitch McConnell e Rand Paul - come una «tassa sulle famiglie americane».

Intanto per Jp Morgan c'è un rischio recessione per l'economia Usa e mondiale nel 2025 mentre i trader, convinti che la guerra commerciale di Trump sarà un boomerang per l'economia a stelle e strisce, scommettono che la Fed andrà verso quattro tagli dei tassi di interesse entro l'anno.

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