Washington. L'entourage di Donald Trump assicura che la scelta di Waco, in Texas, per il primo comizio vero e proprio della sua campagna presidenziale del 2024, non ha nulla a che fare con il 30º anniversario dell'«Assedio di Waco». È qui, dove il tycoon ha chiamato a raccolta il suo popolo, che nel 1993, il confronto durato 50 giorni tra gli agenti federali e la Setta dei Davidiani, capeggiata dal santone David Koresh, si concluse con 86 morti. Una tragica metafora, potrebbe apparire, dell'assedio del quale il tycoon si sente vittima da parte del dipartimento di Giustizia e dei procuratori e giudici di nomina democratica. Waco, viene spiegato, è stata scelta per la sua posizione strategica, vicina a tutte le quattro principali aree metropolitane del Texas, ideale per avere «più sostenitori possibili» anche dagli Stati vicini, in quello che Steven Cheung, uno dei portavoce della campagna di Trump, definisce un «comizio storico».
L'ex presidente ha deciso di giocare in casa, quindi, per soppesare non solo la presa che ancora ha sulla sua gente, ma anche per valutarne il peso in contrapposizione ai suoi avversari, reali e potenziali, Ron DeSantis su tutti. Reduce dal mancato arresto di martedì, che lui stesso aveva preannunciato una settimana fa, e con la Spada dell'incriminazione che comunque continua a pendere sulla sua testa, il tycoon ha alzato l'asticella della retorica. Dopo avere definito un «animale» Alvin Bragg, il procuratore di Manhattan che lo sta indagando per la vicenda dei soldi pagati sottobanco alla pornoattrice Stormy Daniels, e averlo accusato di metodi da «Gestapo», Trump ha evocato sul suo social Truth uno scenario fatto di «morte e distruzione» in caso di incriminazione. E se è vero che non ci sono stati (ancora) episodi di violenza in stile assalto a Capitol Hill, è pur vero che venerdì a Bragg è stata recapitata una lettera contenente polvere bianca e un messaggio: «Ti ucciderò».
Due, principalmente, i bersagli immediati presi di mira da Trump dal palco di Waco: l'inchiesta di Bragg, che è «morta», perché «non ci sono prove»; e DeSantis. Il governatore della Florida nei sondaggi continua a rimanere dietro a Trump nella corsa per la nomination, ma è stabilmente al secondo posto nelle preferenze degli elettori repubblicani. Un segnale che è lui il «predestinato» a sfidare il tycoon. Per questo, in attesa di annunciare ufficialmente la sua discesa in campo, non risparmia le frecciate all'ex presidente. Non ha voluto prendere apertamente le sue difese nella vicenda Stormy Daniels. «Non so cosa vuol dire pagare una pornoattrice», ha detto, dando per scontata l'ipotesi dell'accusa. E poi, ha escluso qualsiasi ticket con Trump. «Sono più uno che comanda», ha risposto a chi gli chiedeva se era disposto a fare da vice presidente al tycoon. Abbastanza per fare infuriare Trump, che ormai lo ha definitivamente ribattezzato «Ron DeSanctimonious», Ron l'Ipocrita, tra le risate e gli applausi dei fan.
E se la pattuglia dei trumpiani al Congresso è sul piede di guerra e chiede la testa di Bragg, l'establishment repubblicano, al di là delle difese d'ufficio e degli attacchi ai Democratici e al loro «uso politico» della giustizia, rimane alla finestra in attesa degli sviluppi delle tante vicende giudiziarie nelle quali è coinvolto l'ex presidente, oltre a quella di Manhattan: dall'inchiesta per frode fiscale, a quella su 6 gennaio, dai tentativi di falsificare le elezioni in Georgia, ai documenti top secret trovati a Mar-a-Lago. Tutti ostacoli che Trump cercherà di sfruttare a suo vantaggio, nella lunga campagna che parte da Waco.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.