
Un giudizio affilato che si fa suggestione. «Spero davvero - afferma Marina Berlusconi - che il Paese che è sempre stato il principale garante dell’Occidente non abbia ora un presidente che ambisce a diventare lui il rottamatore dell’Occidente, demolendo così tutto quello che l’America è stata negli ultimi ottant’anni».
Non è proprio una dichiarazione di simpatia, anzi. La presidente di Fininvest concede un’intervista al direttore del Foglio Claudio Cerasa e sottolinea tutta la distanza che separa idealmente Arcore da Mar - a -Lago. Silvio e Donald non si amavano e il presidente degli Usa a suo tempo si era speso per l’amico Giuseppi.
Inteso come Giuseppe Conte.
Per lui si che c’ era stato un endorsement. Anche Marina aveva esibito freddezza in precedenti occasioni.
Ora tutto questo diventa preoccupazione. Trump è tornato alla Casa Bianca, in un susseguirsi di colpi di scena e attese quasi messianiche; in pochi giorni ha sconvolto gli equilibri mondiali. Le sue dichiarazioni sono un carosello di annunci e molte parole hanno come bersaglio l’Europa.
I dazi. La possibile esclusione dalle trattative per la pace in Ucraina che si avvicina sull’asse Washington- Mosca e via elencando.
La presidente di Fininvest non si unisce al coro dei Neotrumpiani che si ingrossa di ora in ora.
Piuttosto, osserva che l’America del Piano Marshall è ora quella che presenta a raffica bollette e fatture, a cominciare dalle spese militari, e fa bye bye con la mano.
Le relazioni che Trump sta costruendo con i suoi interlocutore occidentali sono lontanissime da quelle che George W. Bush aveva con Silvio Berlusconi, l’alleato vocabolo sconosciuto a Donald che a Pratica di Mare nel 2002 arrivò a disegnare un nuovo ordine mondiale. “ Per il momento non si può ignorare - prosegue Marina Berlusconi - che molti dei primi interventi di Trump hanno sì portato qualche vantaggio immediato agli Usa, ma alla lunga la sua strategia di mettere gli altri Paesi continuamente sotto pressione si trasformerà in una forza centrifuga sempre più All’Ucraina spettano le garanzie necessarie per la sua indipendenza C’è un grosso problema di concorrenza Sono riuscite a imporre la dittatura dell’algoritmo violenta, capace di separare e dividere la comunità occidentale”.
Insomma, un disastro.
Eccolo, Trump il rottamatore.
Sempre che in qualche modo non si corregga e freni.
Altre bordate partono a proposito del capitolo Ucraina. Ma qui la top manager non risparmia l’Europa, le sue debolezze, i suoi balbettii. «Per porre fine a questo terribile conflitto - precisa lei sarà inevitabile un compromesso, ma sono assolutamente convinta che la fine della guerra non debba coincidere con la resa di Kiev e la vittoria di Mosca.
All’Ucraina servono le garanzie necessarie per la sua sicurezza e la sua indipendenza».
Ancora, «se fosse una pace fatta sulla pelle di Kiev e dell’Europa non credo si potrebbe considerare un bene”. Ma forse, il messaggio non è ancora chiaro e allora Marina diventa più esplicita: «E se l’Europa verrà tagliata fuori dalla soluzione che sembra si stia profilando, dovrà anche fare una seria autocritica».
Troppi i ritardi. Troppe le incertezze. Troppe le divisioni.
Ma c’è tempo per un’ultima staffilata: «Rispetto ai
signori delle big tech c’è un problema di concorrenza sleale grande come una casa. Sono riusciti a imporre nella nostra vita di tutti i giorni la dittatura dell’algoritmo».Insomma, ce n’è anche per Musk & compagni.
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