Trump: "Sui dazi ci sarà flessibilità"

Il 2 aprile al via le tariffe reciproche. L'Italia vara un piano per spingere l'export extra Ue

Trump: "Sui dazi ci sarà flessibilità"
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Donald Trump tira dritto sulla politica commerciale, aprendo contestualmente a un approccio flessibile. Il presidente degli Stati Uniti ha parlato del 2 aprile, quando è previsto l'avvio dei dazi reciproci, come «il giorno della liberazione» per gli States. «Per decenni siamo stati spennati e maltrattati da ogni nazione al mondo, amica e nemica. Ora è finalmente il momento per la vecchia cara America di riprendersi un po' di soldi e di rispetto», ha scritto ieri Trump su Truth Social. Lo stesso giorno partiranno i dazi al 25% sulle importazioni da Canada e Messico.

Il tycoon ha fatto intendere che ci sarà flessibilità nell'applicazione dei dazi. «La gente viene da me e parla di tariffe, e molti mi chiedono se potrebbero avere delle eccezioni», ha detto Trump ieri alla stampa. Nessun dettaglio aggiuntivo è stato dato sull'entità delle tariffe e quali prodotti verranno colpiti. L'Unione Europea per il momento ha deciso di aspettare l'entrata in vigore delle misure e poi prendersi due settimane per annunciare eventuali contromosse. L'Italia non intende farsi cogliere impreparata dal vortice dei dazi, anche perché l'export rappresenta una fetta importante di Pil. Per compensare gli eventuali contraccolpi generati dai dazi, la strategia dell'esecutivo è quella di dare una marcia in più all'export sui mercati extra-Ue ad alto potenziale. «Questo non significa - ha spiegato Tajani - che non dobbiamo continuare a parlare con gli Stati Uniti, sarebbe un errore, però dobbiamo guardare al mercato nel suo compresso, quindi dovremmo guardare con più attenzione al Messico, al Canada, al Sudafrica, all'India, al Vietnam, alla Tailandia, all'Indonesia, alle Filippine, agli Emirati Arabi, all'Arabia Saudita, al Sudafrica; ci sono tante realtà che noi stiamo studiando perché possano diventare delle opportunità per le nostre imprese». Il Piano d'azione presentato ieri a Villa Madama dal ministro degli Esteri Antonio Tajani mira a raggiungere i 700 miliardi di export entro fine legislatura, partendo dai 623,5 miliardi attuali, puntando con forza su mercati emergenti.

Intanto oltreoceano a tenere banco è la delicata situazione di Tesla, finita nel mirino delle proteste a causa del ruolo di Elon Musk alla guida del Doge, il Dipartimento taglia spese dell'amministrazione Trump. Al tonfo delle vendite di auto e del titolo in Borsa si aggiunge adesso l'impennata record delle permute di Tesla, che a metà marzo sono balzate all'1,4% del totale rispetto allo 0,4% di un anno fa, secondo i dati diffusi dal portale statunitense di compravendita di auto Edmunds.

«Se leggi le notizie, sembra un Armageddon», ha detto Musk ai dipendenti del suo gruppo, scherzando (un po' a denti stretti) sul fatto che non passa giorno in tv o sui social senza vedere una Tesla in fiamme. Nelle ultime settimane le proteste hanno preso d'assalto le auto, gli showroom e le stazioni di ricarica a marchio Tesla. Musk ha sfruttato la riunione plenaria - convocata con minimo preavviso - per invitare i suoi dipendenti a «tenersi strette le azioni Tesla» (crollate del 50% circa negli ultimi tre mesi) prospettando un futuro roseo in quanto le auto del gruppo saranno presto in grado di guidare autonomamente e inoltre la produzione pilota di 5mila robot Optimus quest'anno («Siamo l'unica azienda in grado di realizzare robot umanoidi intelligenti su larga scala») che potranno essere utilizzati al di fuori di un ambiente controllato a partire dalla seconda metà del prossimo anno.

Il titolo Tesla ha reagito bene a questi annunci (+4% ieri a Wall Street) anche se l'incertezza rimane alta con l'investitore Ross Gerber, diventato una sorta di portavoce degli azionisti scontenti della gestione Musk, che ha chiesto all'imprenditore di origine sudafricana di farsi da parte lasciando quindi il ruolo di ceo.

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