Tutte le donne del boss. Senza tradimenti

La compagna con cui visse a lungo e l'amante. Il rapporto ritrovato con la figlia in punto di morte

Tutte le donne del boss. Senza tradimenti
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Donne e Denaro. Ci sono andati a nozze tutti, tranne lui. Per quanto la vita del boss sia stata determinata dalle donne almeno quanto dall'orrore, non si è mai sposato. Ha avuto relazioni, «amicizie», complici, persino una figlia, ma mai una moglie vera e propria. Non una «riconosciuta» dallo Stato o dalla Chiesa, com'era forse coerente che fosse. Profondamente diverso anche in questo dai suoi «colleghi» Bernardo Provenzano o Totò Riina, più «ordinari»: matrimoni, figli, meno strutturati per il gusto, e con troppo poco estro per i vizi. Il mondo di Matteo Messina Denaro si è invece scoperchiato grazie all'inchiesta sui fiancheggiatori del capomafia arrestato lo scorso 16 gennaio alla clinica La Maddalena di Palermo, dove andava a sottoporsi alla chemioterapia per curare il tumore al colon che lo ha ucciso. Le donne sono state la prima evidenza del lato sconosciuto del boss ed è anche grazie a loro che la sua latitanza è stata possibile. Donne rivali, gelose, innamoratissime ma che non si sono mai «tradite» e non hanno mai tradito il boss. Si parte dalle signore della latitanza, quelle che hanno svelato un boss insospettabile quanto irredimibile, e si va a ritroso. Attento, romantico, gratificante, ricolmo di citazioni letterarie e piaceri raffinati: sono loro a raccontare un incongruente Messina Denaro. La maestra di matematica soprannominata «Sbrighisi» da Laura Bonafede è stata l'ultima in termini di tempo. Figlia del boss di Campobello, avrebbe avuto per anni una relazione con il capomafia, pur sapendo che lui aveva altre frequentazioni femminili. Subito dopo l'arresto del padrino era corsa dai carabinieri per raccontare la sua storia con il boss. Lo aveva conosciuto al supermercato. «Sapeva ascoltarmi, mi faceva sentire importante», aveva detto ai carabinieri. Ma non sapeva che quell'uomo fosse il più ricercato d'Italia. A lei si era presentato come il medico in pensione Francesco Salsi.

E c'era Laura Bonafede: era con lei che il boss aveva creato una lingua segreta, fatta dei titoli dei libri o dei loro personaggi. Come Macondo, di Cent'anni di Solitudine con il quale si riferiva a Campobello di Mazara, o Tania di Bukovski per chiamare la figlia di Laura Bonafede. Oppure Maria Mesi, la donna con la quale aveva avuto una lunga relazione negli anni 2000 che fu poi condannata per favoreggiamento, e che in codice era diventata «Tecla». Un'altra femmina del boss era Lorena Lanceri «la vivandiera del boss», sposata, lo ha ospitato a casa sua per mesi.

E naturalmente c'era la prima donna di cui Messina Denaro si era innamorato: una giovane austriaca di nome Andrea. Solo dopo arrivò Francesca Alagna, la madre della sua unica figlia, Lorenza (che si chiama come la nonna e la cugina, l'avvocato del boss). Rapporto travagliato quello di Matteo con l'unica figlia che si è rifiutava di avere contatti con lui e di chiamarsi come lui, con quell'ingombrante marchio-onta: Messina Denaro. E poi, in pochissimo tempo, tra loro due è cambiato tutto, Lorenza, oggi giovane madre, nei mesi scorsi ha chiesto di potere avere il cognome del padre. E sembra si siano anche visti. Nelle ultime ore di coma irreversibile nel reparto per detenuti dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila, si è precipitata al suo capezzale la madre Lorenza Santangelo, ormai anziana e malata.

Ha oltrepassato gli imponenti schieramenti di poliziotti e soldati, si è fatta largo, curva e prostrata, tra tutta la gente in assetto di guerra per andare a toccare la mano immobile e gelida di quel figlio che per tutta la vita le ha dato dannazioni bollenti. Con lei la figlia Giovanna (le altre due, Rosalia e Patrizia, sono in carcere per mafia), lì accartocciate assieme, entrambe a soffrire avendo vergogna di farlo.

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