Matteo Renzi sta giocando sul Comune di Roma una partita a poker con una posta altissima: l'onore del Partito democratico. La rimozione forzata di Ignazio Marino dal Campidoglio, alla fine, potrebbe rivelarsi solo un tassello inserito in un'architettura più complessa.
La defenestrazione del sindaco per gli allegri rimborsi spese ha fatto passare in secondo piano il nocciolo della questione, cioè le dirette responsabilità del Pd e dei suoi uomini nello scandalo Mafia Capitale, abilmente derubricato dall'entourage renziano come propaggine della precedente gestione Alemanno. E, invece, le cose non stanno affatto in questo modo. Secondo fonti bene informate, la relazione del ministro dell'Interno Angelino Alfano, presentata al Consiglio dei ministri del 27 agosto, conterrebbe annotazioni che vanno a disdoro del Pd romano e nazionale. Annotazioni tutte coperte da omissis e delle quali si può trovare traccia nel decreto di commissariamento del Municipio X della Capitale (Ostia).
Innanzitutto occorre ricordare che dalle indagini della Procura di Roma sul malaffare Buzzi, Carminati e della coop 29 Giugno sono derivate ben tre relazioni delle quali l'ultima è quella del ministro. La prima è quella elaborata dalla commissione d'accesso (un prefetto, un viceprefetto e un dirigente del Tesoro) e consegnata al prefetto di Roma Gabrielli il 16 giugno, mentre la seconda è quella redatta dallo stesso Gabrielli e consegnata ad Alfano e al sindaco Marino per conoscenza l'8 luglio scorso. Di quest'ultima si trovano tracce nel decreto di commissariamento di Ostia, ma gli omissis ne riducono la consistenza. Vi si mette in questione il lavoro dei dipartimenti comunali con cui Buzzi & C. interloquivano per i loro business tramite affidamenti diretti senza gare d'appalto. Anche durante il mandato di Marino. Un vaso di Pandora che i due Mattei del Pd, Renzi e Orfini, stanno cercando di tenere serrato.
Le risultanze di queste analisi condotte dalla prefettura, spiegano le stesse fonti, sono state infine redatte in tre copie nelle disponibilità del premier Matteo Renzi, del ministro Alfano e del prefetto Gabrielli. Ognuno dei tre ha siglato ogni pagina della propria copia in modo da rendere riconoscibile il responsabile di un'eventuale fuga di notizie. Qualche indizio, però, è riscontrabile. Ad esempio, il 9 luglio, dopo la stesura della relazione di Gabrielli, si è dimesso il segretario del Comune, Liborio Iudicello già con Renzi alla Provincia di Firenze. Il 25 agosto, a due giorni dal Consiglio dei ministri fatidico, Il Messaggero ha accennato a una lista di 101 politici nel dossier di Alfano, non tutti indagati per Mafia Capitale. Il quotidiano romano aveva citato alcuni esponenti di centrosinistra come l'ex vicesindaco la presidente della commissione Politiche sociali Erica Battaglia (Pd) e la deputata piddina Daniela Campana. E che la partita sia tutta interna al Nazareno lo ha confermato il minisindaco del Municipio VI, Marco Scipioni, sfiduciato da Orfini & C. ma ancora in sella. «La mia estraneità è stata sancita dal prefetto», dichiarò, di fatto attestando di essere a conoscenza della relazione.
L'ex sindaco, invece, ha sempre taciuto. Le interpellanze di M5S e delle opposizioni non hanno avuto risposta.
«Marino ha sempre detto che la relazione del prefetto doveva restare segreta fino al Consiglio dei ministri del 27 agosto, ma poi non l'ha pubblicata», sottolinea Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini. Evidentemente per Marino quella era e probabilmente resta una polizza sulla propria vita politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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