Santoro, Lerner, Ferrara. È un ritorno ai miei anni più felici, quando facevo il cronista parlamentare per Il Giornale di Indro Montanelli. Ed è con una certa nostalgia che ripenso a Michele Santoro impegnato a Samarcanda a fare le prove del «conduttore delle coscienze», a Gad Lerner che riportava gli umori profondi del Nord con il suo Milano-Italia ed a Giuliano Ferrara che rompeva gli schemi con la sua brillante carica di provocazione e di anticonformismo sugli schermi di Raidue.
Oggi che sono consigliere anziano del Cda della Rai e sono chiamato ad approvare i palinsesti dell'azienda radiotelevisiva pubblica in cui figurano i colleghi della mia giovinezza, avverto il richiamo di quella stagione. Ma, resistendo a tutte le nostalgie, mi trovo costretto a votare contro. Non perché non riconosca i meriti e l'alta professionalità dei personaggi che torneranno ad essere il volto qualificante di viale Mazzini. Ma perché allora, negli anni '80 e'90, essi erano la rappresentazione vivente di come la Rai fosse lo specchio del Paese. Oggi sono invece la dimostrazione di come la Rai, che nei propositi del nuovo vertice avrebbe dovuto proiettarsi verso il futuro, è ripiombata nel passato e risulta essere lo specchio deformato della società italiana.
Non manca nulla in questo ritorno all'indietro. C'è Fabio Fazio che riesuma il Rischiatutto di Mike Bongiorno, c'è Walter Veltroni che dal veltronismo politico (buonismo luogocomunista) passa al veltronismo applicato al varietà, c'è Gad Lerner che senza grande fantasia passa da Milano-Italia a Italia-Islam e Michele Santoro che scopre i docu-fiction già scoperti, per altro, dai documentari Luce della Buonanima. E, proprio per essere uguale in tutto con l'altro secolo, c'è anche una bella dose di lottizzazione. Con Riccardo Luna, che da consulente di Matteo Renzi sul temi del digitale avrà un programma in 12 puntate sul web. E con lo stesso Ferrara, che grazie alla conversione al Partito della Nazione ha visto rimuovere l'anatema a causa del quale era stato bandito da viale Mazzini in quanto berlusconiano e viene oggi riammesso in Rai in compagnia di alcuni dei suoi folianti.
Questi palinsensti Da, da, da rispecchiano la realtà del Paese? Niente affatto. Al loro interno non c'è neppure un minimo spazio per qualche voce dissonante dal pensiero unico politicamente corretto. O, più semplicemente, per favorire la crescita di qualche risorsa interna.
Media company? Più che altro una compagnia di amici del salottino. Per questo mi tengo la nostalgia e la stima personale per i cari colleghi ma, da consigliere anziano, ingrigito, senza retribuzione ma per nulla rintronato, voto contro.
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