Assolto in primo grado, condannato a sei anni in appello. Ma per la Cassazione è tutto da rifare. Alex Cotoia nel 2020 uccide a Collegno il padre violento con 34 coltellate. Legittima difesa per i giudici del primo processo, no per quelli d'Appello. Secondo loro il numero dei colpi inferti a Giuseppe Pompa demolirebbero la legittima difesa. Per gli ermellini, invece, nuovo processo. «Sono felice. Ero preoccupato che Alex dovesse costituirsi per scontare una pena ingiusta. Restiamo convinti che la sentenza di primo grado fosse corretta e che quella di secondo grado fosse partita da una posizione di estremo rigore se non preconcetta», spiega l'avvocato Claudio Strata, difensore di Alex Pompa, 22 anni, per il quale è stato disposto un processo d'Assise d'Appello bis.
«Aspettiamo il giudizio di un'altra sezione con un po' più di fiducia», conclude il legale. Se la Cassazione avesse confermato la sentenza Cotoia sarebbe dovuto entrare in carcere per scontare la condanna definitiva, 6 anni, 2 mesi e 20 giorni. Determinanti le testimonianze della madre Maria e del fratello Loris per la giuria popolare di Torino, inattendibili per i giudici della Corte d'Appello che, anzi, trasmettono gli atti per falsa testimonianza. Nella requisitoria il procuratore generale della Cassazione sottolinea: «La Corte d'Assise d'Appello sostiene che se si danno 34 coltellate non c'è legittima difesa. Non lo condivido. Manca una ricostruzione del contesto. Il fatto è complesso per una serie di ragioni. L'imputato è stato assolto in primo grado perché il fatto non costituisce reato. In secondo grado è stato condannato: un ribaltamento eclatante. La motivazione della sentenza d'Appello dovrebbe essere rafforzata, invece in questo caso ha un unico intento demolitorio nei confronti della prima». «È del tutto evidente che l'offesa arrecata al Pompa attraverso l'utilizzo di sei armi e l'inflizione di 34 coltellate non possa dirsi in alcun modo inferiore, uguale o tollerabilmente superiore al male subito o minacciato», scrivono nella sentenza di secondo grado i magistrati torinesi.
È la sera del 30 aprile 2020 quando Alex Pompa (poi prenderà il cognome della madre) durante una lite ammazza il padre Giuseppe, 52 anni, nella loro casa di via De Amicis. Per i familiari Alex interviene in difesa della mamma, vittima di continue aggressioni da parte del marito.
Anni di maltrattamenti, rabbia, paura. Il ragazzo esplode e lo colpisce con furia inaudita. Il fatto non costituisce reato in primo grado. In appello il pm Alessandro Aghemo chiede 14 anni, ridotti a sei. Si torna in aula per l'appello bis.
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