Ucciso un 14enne, Cisgiordania in fiamme

Il giovane faceva il pastore, coloni in cerca di vendetta. Netanyahu: "Terroristi, li prenderemo"

Ucciso un 14enne, Cisgiordania in fiamme
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Non diventerà il casus belli di un conflitto che ormai va avanti da sei mesi ma quanto accaduto potrebbe essere un altro pretesto per portarlo a un livello ancora più sanguinoso. Quella di Binyamin Achimair sarà in ogni caso l'ennesima tragica pagina di storia di una guerra che continua a mietere vittime civili, che nulla hanno a che vedere o a che fare con odi secolari, attacchi, vendette, rappresaglie, giochi di potere e calcoli politici. Come tutte le vittime del 7 ottobre, trucidate dai terroristi di Hamas, e come i tanti civili inermi di Gaza uccisi dai bombardamenti israeliani. Allo stesso modo Binyamin non aveva alcun ruolo in questa guerra. Eppure entrerà nel triste elenco delle persone che hanno perso la vita a partire dal 7 ottobre.

Binyamin aveva 14 anni e faceva il pastore in Cisgiordania. Un'esistenza pacifica, quanto di più lontano ci sia dagli echi di guerra. Venerdì, mentre era in movimento con le sue greggi, è scomparso e non ha fatto rientro a casa. Da subito sono partite le ricerche, con esercito, polizia e Shin Bet a cui si sono uniti centinaia di volontari. Si temeva un rapimento ma invece ieri il suo copro senza vita è stato ritrovato grazie a un drone nell'area di Malachei HaShalom. «È stato ucciso in un attacco terroristico», ha comunicato l'esercito israeliano. Il ragazzino è stato colpito a morte da non meglio precisati militanti palestinesi e il suo omicidio ha scatenato il caos. Dopo il ritrovamento del corpo del giovane infatti si sono scatenati durissimi scontri tra coloni israeliani e palestinesi che sono andati via via crescendo nel corso delle ore. I coloni, in cerca di vendetta, sono entrati nelle cittadine di Beitin e Duma, vicino Ramallah. Negli scontri un palestinesi di 26 anni ha perso la vita mentre i feriti sono decine. Alcune auto e anche diverse abitazioni sono state incendiate. Nonostante il premier Netanyahu abbia chiesto ai coloni di non interferire con le indagini, le sue parole sono state comunque dure. «Le forze dell'IdF e dello Shin Bet stanno dando la caccia agli spregevoli assassini e a chiunque abbia collaborato con loro. Arriveremo agli assassini e ai loro complici, come facciamo a chiunque faccia del male ai cittadini dello Stato di Israele», ha detto Bibi. Il ministro della difesa Yoav Gallant ha condannato «gli atti di vendetta» da parte dei coloni lanciando un accorato appello: «Chiedo alla gente di lasciare che le forze di sicurezza agiscano in modo rapido nella loro caccia agli assassini. Atti di vendetta rendono più duro il lavoro delle nostre forze: non fatevi giustizia da soli. Le forze di sicurezza prenderanno i killer e useranno tutte le misure legali contro di loro come avviene per ogni terrorista o assassino».

Un appello che però pare caduto nel vuoto. Nella serata di ieri le Forze di difesa israeliane e la polizia di frontiera hanno infatti inviato rinforzi in Cisgiordania per far fronte alla crescente spirale di violenza, ennesimo capitolo di un conflitto che sembra non avere fine. E che ha nella Cisgiordania un fronte caldo anche se non ancora definitivamente esploso. A partire dal 7 ottobre, le truppe israeliane hanno arrestato circa 3.600 palestinesi ricercati in tutta la Cisgiordania, tra cui più di 1.600 persone affiliate ad Hamas.

E la morte del quattordicenne potrebbe contribuire a incendiare ulteriormente il clima favorendo quell'escalation tanto annunciata quanto temuta. Con la conseguenza che tante altre vittime innocenti, proprio come Binyamin, finiranno in quel triste elenco ormai sempre più lungo.

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