Il più classico dei «dimmi con chi vai a ti dirò chi sei» è perfetto per la Russia di Vladimir Putin. Nonostante dalle parti del Cremlino cerchino di negare l'isolamento mondiale a seguito dell'invasione dell'Ucraina, l'elenco di Paesi amici e alleati dello Zar è una rappresentazione più concreta del proverbio. Con la Cina defilata e ben lontana dal supportare la Russia, restano l'Iran degli ayatollah, la Corea del Nord di Kim Yong-Un, la Bielorussia del fidato scendiletto Lukashenko e adesso, a implementare l'asse del male, arrivano i ribelli yemeniti Houthi.
Secondo quando rivelato dal Financial Times infatti, la Russia ha reclutato centinaia di yemeniti per combattere al fronte in Ucraina, in virtù di un'alleanza col movimento filo-iraniano che controlla ampie zone dello Yemen, tra cui la capitale Sana'a, e da mesi ha preso di mira le navi occidentali che transitano nel mar Rosso. Alleanza ma in posizione di forza perché secondo il quotidiano inglese gli yemeniti vengono arruolati con la forza e inviati direttamente in prima linea, con la promessa di un impiego stabile, stipendi elevati e anche della cittadinanza russa. Un'ulteriore segnale di autentica escalation, da parte di chi accusa l'Occidente di volerla, dopo l'arrivo al fronte dei soldati nordcoreani gentilmente offerti da Kim. Che si aggiungono a mercenari a contratto assoldati un po' ovunque, dal Nepal all'India fino a quelli arruolati nelle carceri. Segno evidente che una guerra così lunga e faticosa sta logorando l'esercito russo.
Eppure Mosca continua nella sua doppia strategia: avanzare sul campo e bombardare le città ucraine da una parte e minacciare l'Occidente dall'altra soprattutto con lo spauracchio nucleare. Il fedelissimo portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha confermato ieri che il decreto firmato da Putin per aggiornare la dottrina nucleare della Russia, è soprattutto un segnale lanciato all'Occidente. «Non ci possono essere coincidenze qui. C'è una certa coerenza. Putin deve rispondere all'escalation senza precedenti che è principalmente alimentata dall'amministrazione uscente a Washington», ha detto, come se a muovere guerra fossero stati gli americani. La nuova amministrazione targata Donald Trump intanto, sta già lavorando per arrivare un accordo. Lo ha confermato il futuro consigliere per la sicurezza Mike Waltz, secondo il quale «il presidente Trump è stato molto chiaro sulla necessità di porre fine a questo conflitto. Ciò di cui dobbiamo discutere è chi sarà al tavolo, se si tratta di un accordo, di un armistizio, come portare le due parti al tavolo e cosa sarà nel quadro di un accordo». Walz ha anche spiegato che «lavoreremo con questa amministrazione fino a gennaio e continueremo dopo», chiarendo che non esiste nessun conflitto tra vecchia e nuova amministrazione, proprio mentre da Mosca arriva la voce che Putin avrebbe un suo piano da presentare, ovviamente tutto orientato al suo interesse con un controllo quasi totale dell'Ucraina.
Nel frattempo però, la guerra continua e gli alleati di Kiev continua a fornire assistenza militare. Dopo gli stessi Stati Uniti e la Gran Bretagna, anche la Francia ha autorizzato l'Ucraina a utilizzare armi a lungo raggio contro obiettivi in territorio russo «per autodifesa», come confermato dal ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot. Intanto proprio dagli Usa potrebbe arrivare un nuovo via libera, questa volta per quanto riguarda la fornitura di missili da crociera JASSM a lungo raggio.
Secondo funzionari ucraini, la fornitura che al momento non è ancora ufficiale, potrebbe cambiare in modo significativo il corso strategico-militare del conflitto perché metterebbe quasi l'intero territorio russo a portata di missile, grazie a una gittata che può arrivare a 500 chilometri. Una svolta possibile, in attesa del tanto atteso dialogo.
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