
Nel giorno in cui l'Europarlamento dà il via libera alla risoluzione sulla difesa comune europea, si spacca la politica italiana e i partiti della maggioranza e dell'opposizione votano in ordine sparso. Ieri l'Eurocamera ha infatti approvato con 399 voti a favore, 198 contrari e 72 astenuti la risoluzione annuale per il 2024 sull'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune europea.
Il piano è stato approvato con i voti del Ppe, compresa Forza Italia, l'S&D (tra cui il Pd con alcune eccezioni), Renew Europe, una parte dell'Ecr e buona parte dei Verdi/Ale. A votare contro il gruppo dei patrioti (tra cui la Lega), The Left (con il Movimento Cinque Stelle), alcuni Verdi e tra gli astenuti una parte dell'Ecr compresa Fratelli d'Italia.
La maggioranza di governo si divide perciò in tre blocchi con Forza Italia e Lega su posizioni opposte e il partito di Giorgia Meloni a metà strada. La Lega decide di votare contro il piano europeo per la difesa puntando il dito contro «l'ipocrisia di Bruxelles» e sostenendo con l'eurodeputata Isabella Tovaglieri che «l'Ue dice no al debito per gli ospedali e sì per le armi?».
A gettare acqua sul fuoco ci pensa il Ministro degli Esteri Antonio Tajani (nella foto) che motiva il voto a favore di Forza Italia e del Ppe precisando: «Siamo parte di famiglie europee diverse. Non è che siamo spaccati, a sinistra invece si spaccano i partiti sulla politica estera».
In effetti all'interno della sinistra italiana si verifica una vera e propria divisione facendo emergere (per l'ennesima volta) una linea non chiara in politica estera, in particolare nel Pd. Se gli europarlamentari del Movimento Cinque Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra votano contro la difesa europea, la posizione che prevale nel Partito Democratico è il forse. Solo tre settimane fa era andata in scena la grande spaccatura nel Pd sul voto per il piano di riarmo Ue con 11 eurodeputati astenuti come indicato dalla segretaria Elly Schlein e 10 che avevano votato a favore ma anche ieri non sono mancati i distinguo. La maggioranza del gruppo ha votato sì alla «Relazione annuale 2024 sull'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune» attenendosi all'indicazione data dal capodelegazione Nicola Zingaretti, ma Marco Tarquinio e Cecilia Strada hanno scelto di votare no.
A votare in dissenso rispetto al resto del gruppo sul singolo emendamento del Ppe che dava il via libera al piano di riarmo di Ursula von der Leyen, sono stati invece Pina Picierno, Giorgio Gori ed Elisabetta Gualmini che hanno votato sì.
Nonostante il parere contrario della maggioranza del gruppo Pd, il testo finale della risoluzione è stato integrato con l'emendamento del Ppe che recita: «Il Parlamento europeo accoglie con favore il piano in cinque punti Rearm Europe presentato dalla presidente della Commissione».
Per spostare l'attenzione sulle spaccature interne alla sinistra, dalle parti del Nazareno puntano il dito contro il centrodestra ma, leggendo le dichiarazioni dei principali esponenti del Pd, a prevalere, più che una linea unitaria, è la confusione.
Così Pina Picierno se la prende contro «una certa tendenza a confondere le acque del dibattito pubblico» spiegando che «nel testo finale votato dalla delegazione del Pd e da tutto il gruppo dei socialisti e democratico c'è Rearm Europe». Eppure sono i suoi stessi compagni di partito a rivendicare il «voto contro l'emendamento al riarmo dei singoli stati».
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