È stata tenuta segreta fino all'ultimo minuto utile; perché tutti, nella Commissione europea, ambasciatori inclusi riuniti ieri nel Coreper, sapevano che la cifra ipotizzata per rimodellare il sistema di accoglienza a 27, che ancora poggia quasi esclusivamente sugli Stati «frontalieri», avrebbe fatto discutere.
Dopo settimane di negoziati a Bruxelles, il tema migratorio ha invece rubato la scena. E, alla fine, ecco palesata l'idea (in parte svedese) di risarcire i Paesi di primo approdo dei migranti che non vengono tempestivamente aiutati dagli altri membri: con 22mila euro. Una sorta di rimborso automatico, che sarebbe pagato dai furbi che si sottraggono ai ricollocamenti. Ma Roma non mangia la foglia, e il 29 e 30 giugno, al Consiglio europeo, il premier Meloni a Bruxelles proverà a spiegare quello che gli sherpa italiani già ieri hanno fatto presente. Che bisogna cambiare il Patto Migrazione e Asilo nel suo complesso. Altrimenti è solo tempo perso. L'Italia non ci sta, si sottrae all'idea delle mance. Sarebbe solo un tampone. Ursula Von der Leyen tace, ma è parsa finora aperta a questa sorta di «leva», che nelle intenzioni della Commissione non dovrebbe neppure assumere le sembianze di una multa vera e propria. La cifra, «altamente provvisoria», dovrebbe servire solo da deterrente per chi fa finta di non sapere che bisogna farsi carico dei migranti. E al massimo diventare l'ennesimo micro-aiuto monetario per chi, invece, sbriga come l'Italia le procedure di accoglienza, riconoscimento e domande d'asilo in solitaria; anche con sbarchi quadruplicati. Roma prepara piuttosto l'assalto ai Trattati: Dublino in primis, per cui tutte le procedure ricadono sul Paese di primo approdo.
L'idea dei 22mila euro è stata subito respinta da Roma, che parla di strada «positiva» solo in chiave di attenzione al tema. Da Parigi minime aperture al dialogo, mentre insospettabili Paesi del nord, pur di superare lo stallo sul Patto Migrazione e Asilo, sembrano ora pronti a trattare. Tra i 27 la proposta innesca infine nella Polonia una certa invidia: il ministro dell'Interno polacco sostiene che per ogni rifugiato ucraino accolto da Varsavia vengono ricevuti solo 200 euro di fondi europei. Mentre la Polonia - prima per accoglienza di sfollati - rischierebbe con la proposta di «multa-rimborso» di sborsarne 22mila per ogni migrante non ricollocato che resterebbe in carico a chicchessia. L'ipotesi sarà discussa alla riunione dei ministri dell'Interno dell'8 giugno in Lussemburgo. Poi toccherà a Meloni a Bruxelles. E se il ministro polacco è tranchant - «non se ne parla nemmeno», anche la Repubblica ceca è pronta alle barricate. La Commissione è convinta di riuscire a mettere d'accordo gli Stati Ue sul meccanismo di solidarietà obbligatorio, oggi «interpretato» secondo convenienza. «Ursula» punterebbe sulle redistribuzioni veloci. Grecia e Spagna restano alla finestra: o aprono i confini, o finanziano una parte dei costi per l'accoglienza. Ma converrebbe davvero a Roma accettare 22mila euro per ogni immigrato non ricollocato da ogni membro Ue che, secondo gli accordi, dovrebbe farlo, e pure tempestivamente? Non cambierebbe granché. Malta non soccorre sistematicamente, come invece fa l'Italia; continuerebbe a invitare i migranti a «chiamare» la Guardia costiera tricolore.
Prosegue dunque quella che viene definita dal governo una «interlocuzione positiva» con Bruxelles, non solo sul Pnrr, per arrivare intanto a ricollocamenti rapidi e non a geografia variabile. Al premier Meloni toccherà persuadere i reticenti di Visegrad.
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